La strage di Parigi è avvenuta in una fase decisiva nella battaglia in Europa sulla politica verso la Russia. Nei giorni precedenti alla strage, il Presidente francese Hollande e il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel avevano chiaramente segnalato la volontà di togliere le sanzioni e abbandonare una rotta che porta allo scontro contro la Russia, una potenza termonucleare. Anche il governo italiano, come è noto, è per l’abolizione delle sanzioni.

La Francia e (un po’ meno) la Germania puntano ad ottenere risultati decisivi nella riunione con il Presidente Putin e l’ucraino Porošenko, per ora fissata il 15 gennaio ad Astana, capitale del Kazakistan.

In un’intervista concessa il 5 gennaio a France Inter, Hollande ha dichiarato: “Penso che le sanzioni debbano ora cessare” se un progresso viene riscontrato. Altrimenti, “esse rimarranno”. Hollande ha anche sostenuto la necessità di mantenere aperte le linee di comunicazione con Putin, aggiungendo che “Putin non vuole annettere l’Ucraina orientale”, ma “non vuole che l’Ucraina entri nella NATO”.

Lo stesso giorno, Gabriel ha affermato in un’intervista alla Bild che “l’obiettivo non è mai stato quello di spingere la Russia nel caos politico ed economico. Chiunque desideri ciò provocherebbe una situazione molto più pericolosa per tutti noi in Europa”. Lo scopo delle sanzioni era di costringere Mosca a negoziare la soluzione del conflitto in Ucraina e “non quello di metterla in ginocchio”.

Tuttavia non c’è consenso nell’establishment franco-tedesco. La Cancelliera Merkel, la cui politica è concepita dal filo-britannico consigliere di politica estera e di sicurezza Christoph Heusgen, non è allineata con Hollande e Gabriel. L’8 gennaio la Merkel ha insistito sul fatto che l’accordo stipulato a Minsk il 5 settembre debba essere applicato “in tutti i punti” prima di togliere le sanzioni. L’accordo prevede il ritiro di tutte le truppe russe, che Mosca nega di aver mai dispiegato.

La strage di Parigi potrebbe essere il preludio di qualcosa più ampio ha ammonito Lyndon LaRouche, notando che il terrorismo, qualunque etichetta esso porti, è uno strumento dell'”Impero Britannico”. Il potere di quell’impero transatlantico si fonda su un sistema finanziario pronto a esplodere sotto il peso di quattro milioni di miliardi di derivati.

Persino la crisi finanziaria russa, innescata con attacchi speculativi e con la guerra dei prezzi del petrolio, è rimbalzata in Occidente e rischia di innescare l’esplosione, come ha ammesso lo stesso George Soros in un articolo pubblicato sulla New York Review of Books il 10 gennaio. Gli effetti di un’insolvenza del debito privato (non pubblico) russo potrebbero essere devastanti, ha scritto Soros, “con l’area dell’Euro particolarmente vulnerabile”.

Allo stesso tempo, le elezioni greche sono una bomba ad orologeria per la sopravvivenza dell’Euro. La confusione di Bruxelles e Francoforte, dove le dichiarazioni favorevoli ad una cancellazione del debito si alternano con brusche smentite, mostrano che il destino dell’Euro è irreversibilmente stato sottratto dalle mani dei burocrati.