Da quando è stato sferrato l’attacco con i droni contro gli aeroporti e le infrastrutture russi, salutato dai folli come una “svolta” per l’Ucraina nella guerra contro la Russia, è stato ripetutamente sollevato un interrogativo: il Presidente degli Stati Uniti era ed è al corrente di tutto? Se la sua affermazione di non essere stato informato in anticipo non fosse vera, ciò ne distruggerebbe la credibilità come persona che sta cercando di porre fine ai combattimenti. Se non fosse stato informato, il che significa che l’attacco sarebbe stato fatto a sua insaputa, ciò solleva una domanda forse ancora più preoccupante: chi sta prendendo queste decisioni in Occidente?
E questo solleva un ulteriore interrogativo: se l’operazione è stata condotta all’insaputa e/o senza l’approvazione di Trump, ciò non implica forse che a Washington sia in corso un colpo di Stato per rimuoverlo e quindi interrompere qualsiasi coordinamento tra Stati Uniti e Russia?
In una crisi del genere, l’approccio della “ambiguità strategica”, pur essendo lodato da alcuni come parte legittima della guerra ibrida, è irresponsabile e pericoloso, soprattutto se chi è coinvolto in tali inganni è nel mezzo di negoziati, come Trump. La trasparenza, la consapevolezza di potersi fidare del leader con cui si è impegnati in diplomazia, è un requisito indispensabile.
Quando Joe Biden era alla Casa Bianca, era chiaro ai servizi segreti e ai circoli militari russi che egli non era in grado di prendere decisioni. Il termine usato da alcuni media russi ben informati per esprimere questo concetto era “il collettivo Biden”, riferendosi alle reti addestrate dal russofobo Zbigniew Brzezinski, che facevano capo al segretario di Stato di Biden, Tony Blinken. Da quando si è insediato, Donald Trump si è mosso per normalizzare le relazioni con la Russia, con diverse lunghe conversazioni telefoniche con Vladimir Putin e incontri tra gli inviati dei due Presidenti, alimentando la speranza che l’America potesse usare la sua influenza per porre fine alla guerra e raggiungere una pace sostenibile.
La questione che riguarda Trump oggi è ancora più acuta, data la presenza a Kiev, durante gli attacchi, di agenti provocatori americani: i senatori Lindsey Graham e Richard Blumenthal, nonché l’ex direttore della CIA ed ex segretario di Stato Mike Pompeo; nonché le invettive di Graham sulle sanzioni contro Mosca “più dure che mai”, da lui introdotte al Senato. Sebbene avesse inizialmente minacciato ulteriori sanzioni se Putin non avesse accettato un cessate il fuoco, Trump ha poi fatto marcia indietro e, secondo alcune fonti, starebbe esercitando pressioni sui repubblicani affinché blocchino il disegno di legge sulle sanzioni presentato da Graham.
I leader russi sono convinti che la pianificazione degli attacchi del 1° giugno abbia coinvolto agenti dell’MI6 britannico e di un certo livello della CIA, ma sottolineano il ruolo crescente di Londra nel promuovere la guerra in generale. Per dissipare i dubbi sul ruolo della Casa Bianca, Trump dovrebbe dire chiaramente che le azioni dell’Ucraina sono atti di terrorismo e tagliare gli aiuti militari e finanziari all’attuale regime fantoccio della NATO a Kiev. Ma ancora più importante, dovrebbe ripudiare chiaramente il Grande Gioco dell’Impero britannico.