La visita in Ucraina da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e quella del capo degli affari esteri Josep Borrell l’8 aprile hanno significato un passo importante da parte dell’Unione europea verso un sentiero di guerra permanente. Dopo l’annuncio del divieto di importazione di carbone russo nell’UE, la von der Leyen ha lasciato intendere che sull’agenda europea c’è anche un embargo totale sul gas il più presto possibile e l’accordo da lei firmato con gli Stati Uniti il 16 marzo per la consegna di 15 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) entro la fine di quest’anno indica chi trarrà profitto dal cambiamento.
Quanto alla “totale indipendenza” dalle importazioni di energia dalla Russia, l’istituto tedesco di econometria DIW sostiene che essa potrebbe essere raggiunta entro la fine di quest’anno, ma al costo di sostanziali tagli nel consumo di gas da parte di industrie e famiglie. Il DIW, che è vicino al governo tedesco, sostiene che l’obiettivo potrebbe essere raggiunto ampliando le fonti alternative di approvvigionamento e contemporaneamente riducendo il consumo di gas di una quantità tra il 18% e il 26% (!) solo risparmiando sul consumo di elettricità. Ma poiché questo porterebbe a “un calo della produzione”, nota l’istituto, le industrie colpite (costrette a chiudere – ndr) “dovrebbero essere compensate”.
Subito dopo il ritorno di Ursula von der Leyen da Kiev, il governo tedesco ha effettivamente annunciato un programma speciale dell’ordine di 100 miliardi di euro in prestiti rimborsabili all’industria per gestire i tagli previsti alla produzione e la sostanziale perdita di entrate. Esattamente come gli altri 100 miliardi già destinati alla Difesa, questo programma dovrebbe essere in gran parte finanziato da tagli al bilancio, in particolare alle spese sociali. Nel frattempo, in tutti gli stati membri dell’UE si stanno elaborando piani per il razionamento del consumo di energia, con ipocriti inviti ai cittadini ad abbassare il riscaldamento, a fare meno docce, a spegnere il condizionatore ecc., presumibilmente per “difendere la democrazia”. Ipocrita perché il “Grande Reset”, il “Green Deal” e l’aumento dei prezzi dell’energia sono stati decisi ben prima dell’intervento russo in Ucraina.
Quanto alla politica di guerra, l’UE ha apparentemente rinunciato del tutto alla diplomazia ed è ora impegnata a far sì che i combattimenti continuino “fino all’ultimo ucraino”. Josep Borrell ha twittato spudoratamente il 9 aprile che “questa guerra sarà vinta sul campo di battaglia”, e Ursula von der Leyen, lo stesso giorno, si è lasciata sfuggire la verità quando ha sfacciatamente lodato “i nostri coraggiosi amici ucraini”, che “stanno combattendo la nostra guerra”. Infatti, è la guerra della NATO contro la Russia, di cui l’Ucraina è purtroppo diventata una pedina.
Confermando la prospettiva di una guerra permanente, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg (foto) ha nuovamente dichiarato che la guerra potrebbe “durare a lungo” e “dobbiamo anche essere preparati per il lungo periodo”, ha detto. In un’intervista al Telegraph (9 aprile) ha dichiarato che la NATO si sta preparando per un “reset”, con una “presenza nei combattimenti” permanente contro la Russia in Europa orientale. E senza dimenticare il Regno Unito, che ha una lunga storia nella pratica di mettere i vari paesi uno contro l’altro: il primo ministro Boris Johnson ha fatto una visita a sorpresa a Kiev il 10 aprile, dove ha promesso un sostegno “incrollabile” all’Ucraina, assicurando la presenza del Regno Unito “per il lungo periodo”.