di Michelle Rasmussen
L’11 ottobre lo Schiller Institute in Danimarca ha tenuto un seminario in presenza e livestream intitolato “Afghanistan: e adesso? La pace attraverso lo sviluppo economico”.
Ora che la guerra in Afghanistan è finita, e molti in Occidente sono scossi dagli eventi, ci si presenta un’opportunità unica per passare da una politica basata sul cambio di regime e sull’intervento militare, a una politica di pace attraverso lo sviluppo economico. Questo vale per l’Afghanistan e anche per il resto del mondo. E’ evidente a tutti il totale fallimento delle guerre occidentali per imporre cambi di regime dal 2001. Sono costate milioni di vite e migliaia di miliardi di dollari.

Con la grave crisi umanitaria che sta affrontando l’Afghanistan, questo cambio di paradigma non potrebbe essere più urgente. E’ urgente mandare aiuti al popolo afgano e soprattutto sbloccare i fondi del popolo afgano congelati negli Stati Uniti e in altri paesi. E’ richiesto lo sforzo immediato della comunità internazionale di governi e organizzazioni umanitarie.
Allo stesso tempo, è necessario uno sforzo a lungo termine per costruire le infrastrutture interne dell’Afghanistan, migliorando il sistema sanitario e di istruzione del paese e collegandolo alla Nuova Via della Seta (Iniziativa Belt and Road). È anche un’occasione d’oro per abbandonare la geopolitica e stabilire una cooperazione win-win tra Stati Uniti/Europa e Cina, Russia e altre nazioni.

Pertanto, con breve preavviso, lo Schiller Institute in Danimarca ha preso l’iniziativa di organizzare questo seminario/webinar con relatori specializzati che si sono recati a Copenhagen per partecipare di persona: Hussein Askary, coordinatore dell’Asia sud-occidentale per lo Schiller Institute; il professor Pino Arlacchi dall’Italia, che ha avuto un ruolo importante nel piano per distruggere le colture di oppio in Afghanistan, S.E. Ahmad Farooq, l’ambasciatore del Pakistan nel Regno di Danimarca.
L’intenso processo organizzativo di due settimane per questo evento ha raggiunto tutte le decine di ambasciate straniere a Copenaghen, 38 delle quali hanno ricevuto una visita di rappresentanti dello Schiller Institute, ed ha raggiunto anche anche le istituzioni politiche e di difesa danesi. In particolare, durante questo periodo, il ministro dello sviluppo danese, Flemming Moller Mortensen, ha parlato ad una conferenza all’Istituto Danese di Studi Internazionali (DIIS), indetta per consigliarlo su ciò che ha definito come il dilemma di affrontare la grave crisi umanitaria dell’Afghanistan, ora che i talebani hanno preso il potere.

Al seminario dello Schiller l’11 ottobre, alcuni relatori hanno partecipato di persone ed altri via livestream, rappresentando insieme paesi dell’Asia sud-occidentale, altre regioni dell’Asia, Africa ed Europa. C’era una rappresentanza diplomatica dell’Afghanistan e dei suoi immediati vicini a ovest, est e nord-est. L’ambasciata dell’Afghanistan a Oslo, Norvegia, ha inviato un rapporto al seminario, e molti punti sono stati discussi dai relatori. Messaggi sono giunti dall’ambasciata della Repubblica Popolare Cinese e dalla Repubblica Islamica dell’Iran in Danimarca.
Helga Zepp-LaRouche, fondatrice e presidente dello Schiller Institute, ha inviato un messaggio speciale, annunciando che lo Schiller Institute avrebbe indetto manifestazioni contemporanee giovedì 14 ottobre, per sbloccare i fondi afgani, aggiungendo: “forse se altre forze si unissero a questo appello, la richiesta diventerebbe più forte”. La manifestazioni si sono tenute a Parigi, Berlino, Stoccolma, Città del Messico, Chicago, New York e molte altre città.
Questa mobilitazione è molto importante, in mancanza di una risposta necessaria da parte degli Stati Uniti e dell’Europa. Il 12 ottobre, i ministri degli Esteri dell’UE si sono incontrati per discutere di Afghanistan, ma non hanno deciso niente di importante. Il 14 ottobre, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha ribadito che gli Stati Uniti non sbloccheranno i 9 miliardi di dollari di fondi che appartengono al popolo afgano, ripetendo le condizioni degli Stati Uniti ai talebani.

La pace attraverso lo sviluppo
Hussein Askary ha descritto l’urgente crisi umanitaria che il popolo afgano sta affrontando, e il potenziale che venga attuato il programma di pace attraverso lo sviluppo economico dello Schiller Institute e di Lyndon e Helga Zepp-LaRouche. Un aspetto importante che ha sollevato è che se i governi occidentali continuano a congelare i beni dell’Afghanistan, e a trattenere i loro aiuti per la ricostruzione dell’Afghanistan, solo per dimostrare che i talebani sono incapaci di guidare la nazione, questo porterà a risultati disastrosi, dando una mano ai trafficanti di droga ed ai terroristi dell’ISIS, che vogliono dimostrare lo stesso. Ha invitato l’Europa e gli Stati Uniti a cooperare nell’ambito della Nuova Via della Seta per sviluppare non solo l’Afghanistan, ma tutta l’area.
Il Prof. Pino Arlacchi è l’ex direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (1997-2002), ex membro del Parlamento europeo e relatore sull’Afghanistan. Attualmente è docente di sociologia alla Scuola di Scienze Politiche dell’Università di Sassari in Italia. Il Prof. Arlacchi ha partecipato a due recenti webcast internazionali dello Schiller Institute sull’Afghanistan. Il 5 settembre, Helga Zepp-LaRouche ha proposto che il Arlacchi venga nominato dalla comunità internazionale coordinatore degli aiuti allo sviluppo ed alla ricostruzione dell’Afghanistan.
Il Prof. Arlacchi ha dato ai partecipanti un resoconto personale e dall’interno di come ha negoziato con successo l’eliminazione della produzione di oppio in Afghanistan prima del 2001; come gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno deciso di non continuare quella politica dopo l’inizio della guerra; spiegando che cosa dovrebbe essere fatto ora per eliminare la produzione di oppio; e quale dovrebbe essere il ruolo dei paesi occidentali nei confronti dell’Afghanistan. Il Prof. Arlacchi ha sottolineato che il ruolo dell’Occidente deve iniziare riconoscendo il nuovo governo, riconoscendo che ha il controllo del paese. Se saranno trattati con rispetto come vincitori del conflitto, tutte le questioni importanti potranno essere negoziate, a cominciare dalla questione dei diritti delle donne.
Rispondendo alla domanda di un partecipante sulle difficoltà che incontrò nel 2001 con il suo piano per sostituire le colture di oppio con colture agricole, il Prof. Arlacchi ha puntato il dito contro il Regno Unito.

Nel 2001, prima dell’invasione, i talebani avevano ridotto a zero la produzione di oppio, dopo aver negoziato con Arlacchi e il suo gruppo ONU. Poi, dopo l’invasione, la produzione di oppio è salita alle stelle. L’intelligence russa ha scoperto che c’erano depositi di oppio lungo il confine con il Tagikistan, e la cosa più semplice era che i russi li eliminassero.  
“Ma, naturalmente, avevamo bisogno di un mandato del Consiglio di Sicurezza. Il mandato non è mai arrivato, a causa dell’opposizione frontale degli inglesi. Il Regno Unito, prima mi ha detto che pensava che non avrei dovuto nemmeno parlarne. Quando ho detto loro che lavoravo per le Nazioni Unite e non per la Regina d’Inghilterra, mi hanno risposto: “La pagherai per questo”. E infatti l’ho pagata. Il Regno Unito ha posto il veto al mio piano per eliminare le colture d’oppio e tutto è finito così”.
(Nella foto il Prof. Arlacchi). Di seguito il video del seminario in lingua inglese:

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