È diventato chiaro che, senza la copertura americana che Trump ha tolto, i terroristi non sono in grado di tenere le proprie posizioni in alcuna parte della Siria. Nemmeno la Turchia, membro della NATO e attore chiave nella guerra di cambiamento di regime sferrata contro la Siria nel 2011, può sperare di mantenere un ruolo importante. In data 8 febbraio l’esercito siriano, appoggiato dall’aviazione turca, aveva riconquistato vaste aree nel Sud del governatorato di Idlib e nella parte sud-occidentale di quello di Aleppo, due regioni che Al Qaeda, e le sue ramificazioni come Jahat Al-Nusra e Haiyat Tahir Alsham, controllavano dal 2012.
Gli abitati strategici di Khan Sheikhoun, Maarat Al-Noman, Saraqeb, Al-is e Khan Toman, tutti disposti, da Sud a Nord, sulla direttrice strategica Aleppo-Damasco dell’autostrada M-5, sono stati liberati. Ancor più interessante è che essi costituiscono una zona contenente postazioni dell’esercito turco che avrebbero dovuto garantire l’accordo di de-escalation stipulato a Soci tra Russia, Turchia e Iran, con il consenso implicito del governo siriano. Queste postazioni erano intese a separare l’esercito siriano dai gruppi terroristici, ma hanno finito col diventare parte di una zona di protezione per questi ultimi.
Il 2 febbraio la Turchia ha dispiegato diverse unità corazzate lungo il confine con la Siria, ma non è riuscita ad avanzare oltre gli abitati di confine già occupati. Una delegazione dei Ministero siriano della Difesa e di quello degli Esteri russo si è recata a Istanbul il 7 febbraio per discutere la situazione con le controparti turche. Benché non vi siano state dichiarazioni ufficiali, è probabile che abbiano discusso un nuovo Accordo di Adana, simile a quello firmato da Turchia e Siria nel 1998, secondo il quale alle truppe turche sono concesse solo incursioni limitate in territorio siriano all’inseguimento di terroristi curdi che si muovano lungo il confine tra i due Paesi. È finito il tempo in cui le truppe turche erano situate in profondità nel territorio siriano, dove ora sono intrappolate.
Il prossimo obiettivo è la città di Idlib, l’ultima roccaforte dei gruppi terroristici, tra i quali si trovano ceceni (russi) e uiguri (cinesi). Sia Mosca sia Pechino non possono più accettare compromessi che vedano questi gruppi spostarsi in nuove zone di conflitto, come la Libia, dove la Turchia ne ha mandati alcuni per proteggere gli alleati di Tripoli. Questi tagliagole devono essere catturati e portati davanti alle corti di giustizia in Siria.
Il governo turco non ha scampo. Deve accettare questa soluzione. Come abbiamo accennato sopra, la copertura americane alle operazioni di cambiamento di regime non c’è più. La Turchia si trova contro sia l’UE sia la NATO ed è ora più vicina a Russia e Cina che ai suoi alleati tradizionali per quanto riguarda considerazioni strategiche ed economiche.
Ciò che potrebbe far pendere la bilancia dalla parte dei terroristi è un nuovo “attacco chimico” a Idlib, chiaramente orchestrato, per indurre Trump e altri capi di governo della NATO a rinnovare l’attacco alla Siria. Il Ministero della Difesa russo ha già messo in guardia contro una tale messinscena.