Il 23 settembre la Commissione Europea ha presentato la sua proposta per un Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo che, contrariamente a quanto aveva promesso la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nel suo recente discorso sullo stato dell’Unione, non “annulla l’Accordo di Dublino”.
In base a tale accordo, lo stato di primo ingresso dei migranti, siano essi legali o illegali, è responsabile della loro gestione. Questo si è trasformato in una trappola per paesi come l’Italia e la Grecia, dove decine di migliaia di migranti senza documenti non possono essere identificati e quindi non possono né beneficiare dell’asilo politico né essere rimpatriati, e finiscono per rimanere per sempre nei campi o diventare clandestini e fornire manodopera schiavistica alle mafie. La nuova proposta non modifica il relativo articolo 14 dell’accordo, cosicché anche un governo filo-EU come quello di Roma lo ha respinto.
L’ambasciatore greco ad honorem Leonidas Chrysanthopoulos ha criticato la proposta della Commissione in una dichiarazione intitolata “Che cosa manca al Patto sulla Migrazione e l’Asilo della Commissione europea”. Egli osserva, riguardo alle ragioni per cui i migranti lasciano i loro paesi nella speranza di trovare un futuro migliore in Europa, che le politiche dell’UE non hanno sviluppato i paesi dell’Africa. Se tali politiche avessero preso in considerazione gli effetti sulla migrazione, “il problema dell’immigrazione clandestina nell’UE sarebbe stato meno grave oggi”.
Per quanto riguarda i profughi provenienti da zone di guerra, l’ambasciatore Chrysanthopoulos ritiene che l’approccio più ragionevole sia quello di “dare loro asilo in tutti quei paesi dell’UE che hanno partecipato ad operazioni militari in Siria, Afghanistan, Libia, Iraq, ecc. È giusto che questi paesi li prendano perché hanno contribuito a creare le ragioni per cui i normali cittadini possono diventare profughi. Così è stato ingiusto che la Grecia abbia accolto un gran numero di profughi dalla Siria perché non ha partecipato alle operazioni militari in quel paese. E forse si dovrebbe concordare che prima che i paesi dell’Unione Europea partecipino a qualsiasi tipo di operazione militare, dovrebbero decidere la distribuzione dei profughi tra di loro. Forse in questo modo, quando vedranno i numeri, non parteciperanno e l’intervento militare non si farà.
“Per quanto riguarda i profughi economici, dato che la maggior parte di loro è il risultato di politiche UE fallite, di cui tutti i membri sono responsabili, essi dovrebbero essere distribuiti tra tutti gli Stati membri in base al PIL. Tuttavia, se verrà adottato il nuovo approccio citato sopra, che implica investimenti nei paesi partner, verrà eliminata una delle cause dei profughi economici. E questo è positivo per entrambe le parti.
“In conclusione, l’eventuale inclusione della proposta sui profughi provenienti da zone di guerra nel nuovo Patto per la Migrazione e l’Asilo della Commissione, potrebbe anche contribuire alla pace scoraggiando gli interventi militari”.