Si profila una nuova ondata di espansione monetaria, dopo che Draghi (foto) ha annunciato che a settembre la BCE discuterà nuove modalità di Quantitative Easing (QE) e alla vigilia di una probabile riduzione dei tassi della Federal Reserve il 31 luglio.

Dunque, le banche centrali stanno ripetendo gli stessi errori di questi ultimi anni, commessi allo scopo dichiarato di stimolare la ripresa di un’economia ristagnante. Ma il vero scopo dell’espansione monetaria, come sanno gli addetti ai lavori e questa newsletter ha scritto ripetutamente, è di fornire dosi crescenti di droga (liquidità) ai tossicodipendenti (il sistema bancario).

Si prenda l’esempio di Deutsche Bank. Quello che era una volta il campione dell’Eurozona ha accusato 3,15 miliardi di perdite nel secondo trimestre, mentre perde un miliardo al giorno degli investitori (vedi sotto). La decisione di Deutsche Bank di uscire dal ramo investment sarebbe stata saggia se presa alcuni anni fa, ma ora giunge troppo tardi e in forma tale da sembrare un salto dall’aereo senza il paracadute.

Mentre l’istituto tedesco ha già messo 65 miliardi di titoli ponderati a rischio in una bad bank ed è riuscita a liberarsene di sette, il settore commerciale ristagna. Ciò è dovuto a due fattori: la mancanza di domanda di credito (investimenti) dal settore produttivo e la folle politica dei tassi negativi della BCE.

Il solo rimedio per il primo è che la domanda di investimenti venga dal settore pubblico, e cioè da un classico piano di investimenti infrastrutturali. Il governo cinese offre un modo eccellente per farlo unendosi al progetto della Belt and Road, ma Bruxelles e alcuni governi europei, compreso Berlino, si oppongono con motivazioni geopolitiche.

Il secondo fattore è legato alla situazione senza via d’uscita in cui si sono messe la BCE e le altre banche centrali. Per tenere in vita la bolla globale dei derivati, il denaro è diventato più che gratis: prendi uno e paghi 0,99. La BCE ha gonfiato il bilancio di cinque volte dall’introduzione dell’Euro, per acquistare titoli pubblici e privati dalle banche, sostenendone il valore. Questo, però, ha distrutto l’attività bancaria tradizionale, spingendo i risparmiatori e gli investitori istituzionali a investire nelle attività a rischio per ottenere un qualche rendimento sul capitale.

Al contempo, i tassi negativi hanno creato una situazione paradossale, pronta a esplodere. Attualmente oltre il 50% dei titoli del Tesoro europei (e oltre 13 mila miliardi di dollari di titoli nel mondo) hanno rendimento negativo. Il decennale tedesco è a -0.46%. Quando Draghi riprenderà il QE si troverà di fronte a un problema: non si trovano quasi più titoli tedeschi da acquistare sul mercato, perché Berlino non ha più fatto emissioni con la politica di “zero deficit”. Rastrellarne gli ultimi ne spingerà il tasso ancora più in zona negativa, tanto che una banca d’affari USA prevede un calo fino a -2%!

A un certo punto, gli investitori potrebbero decidere che non vale la pena subire perdite elevate e scaricare i titoli “no-risk” tedeschi. A quel punto, il valore del Bund crollerebbe trascinandosi tutti gli altri titoli dell’Eurozona. Ma prima di arrivare a questo scenario, l’Armageddon potrebbe essere scatenato da una catena di insolvenze nella bolla dei leveraged corporate bonds – o da una crisi rovinosa di Deutsche Bank.

E’ dunque ora di chiudere la bisca speculativa e varare una riforma del sistema bancario alla Glass-Steagall, separando le banche ordinarie da quelle d’affari e lasciando che Too Big To Fail diventi Too Big To Save.