Helga Zepp-LaRouche, presidente dello Schiller Institute, ha avuto parole di apprezzamento per le dichiarazioni del Ministro degli Esteri tedesco a favore di una nuova Ostpolitik, ma ha puntato il dito contro gli errori di base che hanno portato alle sanzioni. In una dichiarazione rilasciata il 23 luglio, ha chiesto che venga ripudiata pubblicamente l’intera “narrativa” di come si giunse alla crisi ucraina.

Quella crisi non fu provocata dalla presunta “annessione” della Crimea da parte della Russia, ma da decenni di politica di “regime change” e da una rivoluzione colorata a Kiev. Solo il Dipartimento di Stato americano aveva speso fino al febbraio 2014 cinque miliardi di dollari (!) per “promuovere la democrazia” in Ucraina, come ammise pubblicamente l’allora Vicesegretario di Stato Victoria Nuland. La crisi divenne acuta quando l’UE si affrettò a concludere un accordo di associazione con l’Ucraina, che avrebbe inondato la Russia di prodotti dell’UE grazie all’accordo doganale tra Kiev e Mosca e, di rimbalzo, avrebbe dato alla NATO l’accesso ai porti sul Mar Nero.

Gli sviluppi nell’Ucraina orientale e il referendum in Crimea, che fu vinto da chi voleva l’adesione alla Russia, furono una reazione al golpe eseguito a Kiev dalle forze fasciste, banderiste, appoggiate dall’Occidente. La versione di comodo deve far posto alla verità, ha concluso Zepp-LaRouche, anche perché continua a costituire la base principale per la propaganda anti-Putin.