I vertici internazionali non-stop della scorsa e di questa settimana hanno fatto emergere una differenza fondamentale tra i paesi occidentali, cosiddetti sviluppati, e la maggioranza degli altri. Cominciamo da questi ultimi: i BRICS hanno tenuto il loro vertice annuale dei capi di stato e di governo il 23 giugno a Pechino, seguito il giorno successivo da una riunione allargata (i BRICS+) per un “Dialogo ad Alto Livello sullo Sviluppo Globale”. Il messaggio fondamentale è un rifiuto del cosiddetto “ordine basato sulle regole”, laddove le regole sono dettate da un pugno di nazioni occidentali, e un fermo impegno al multilateralismo e all’inclusione, per permettere a tutte le nazioni di perseguire il proprio sviluppo economico e sociale.
Il contrasto con i vertici dominati dalla parte transatlantica non avrebbe potuto essere maggiore, a cominciare dal vertice UE del 23-24 giugno, che ha rinnovato l’impegno a continuare la guerra contro la Russia e la politica suicida di inflazione dei prezzi dell’energia. Per meglio combattere “l’imperialismo russo”, come ha detto una raggiante Ursula von der Leyen, è stato concesso ufficialmente lo stato di membro candidato dell’UE ad Ucraina e Moldavia.
Due giorni dopo, i leader del G7 si sono incontrati ad Elmau, sprecando 200 milioni di soldi dei contribuenti per allestire il vertice nelle Alpi bavaresi, dove hanno ripetuto i giuramenti rituali di schiacciare “l’aggressione russa”. Fortunatamente, i rappresentanti dei cinque paesi emergenti invitati (Argentina, India, Indonesia, Senegal, Sud Africa) hanno portato una certa dose di realtà nella discussione. C’è da aspettarsi che il vertice NATO, iniziato il 28 giugno a Madrid, faccia un passo ulteriore, naturalmente per migliorare la sicurezza e la stabilità del mondo…
Nel frattempo, i media occidentali non possono più nascondere la mala parata delle forze ucraine, che dopo aver sofferto ingenti perdite si stanno ritirando dal Donbass.