Stando ai media, l’amministrazione americana starebbe per lanciare un attacco contro la Corea del Nord, aprendo un conflitto che potrebbe portare a una guerra mondiale.

Nei fatti, pur avendo concentrato una forza militare attorno alla penisola coreana, Donald Trump ha avuto almeno due conversazioni telefoniche con il collega cinese dopo l’incontro del 6-7 aprile a Mar-a-Lago, tese a discutere come riavviare il negoziato con Pjongjang. Trump si è profuso in elogi del Presidente cinese, affermando che “sta facendo un lavoro incredibile”, e ha addirittura mostrato simpatia per Kim Jong-un, che si è trovato improvvisamente ad assumere la responsabilità del governo a soli 27 anni, alla morte del padre.

Nelle ultime dichiarazioni, sia Trump sia il Segretario di Stato Tillerson hanno affermato di non avere piani per un cambiamento di regime a Pjongjang. In un’intervista a NPR il 28 aprile, Tillerson ha dichiarato: “Non cerchiamo il cambiamento di regime, non cerchiamo il crollo del regime e non cerchiamo un’accelerata riunificazione della penisola”, ma “una penisola coreana denuclearizzata – e ciò è del tutto coerente con gli obiettivi di altri nella regione”. Gli Stati Uniti d’America, ha aggiunto, sperano di assicurare a Pjongjang che “non hanno bisogno di armi nucleari per garantire l’esistenza del loro regime”.

Dietro le quinte, l’amministrazione Trump ha consultato l’ex ministro della Difesa William Perry, una delle più autorevoli voci levatesi ad ammonire contro il pericolo di una guerra nucleare e a caldeggiare la via diplomatica.

Washington ha comunicato alla leadership cinese quelli che una fonte ha definito “i quattro No” o le quattro precondizioni per riavviare colloqui diretti con la Corea del Nord, che ristagnano da anni, dopo che l’amministrazione Bush ripudiò l’accordo per il disarmo nucleare negoziato nel 1995 tra Washington e Pjongjang, e la politica delle sanzioni e del non dialogo di Obama, chiamata a torto “pazienza strategica”. Le precondizioni sono: non più test nucleari; non più sviluppo di missili balistici; non più sforzi per costruire una testata nucleare; e non esportazione di tecnologie missilistiche avanzate.

I cinesi, da parte loro, sostengono questi obiettivi, che sono coerenti con la tradizionale politica cinese di una penisola coreana de-nuclearizzata. Pechino chiede la sospensione sia dei test nucleari coreani sia delle manovre militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud, ma sottolinea che possiede la capacità militare di colpire qualsiasi parte che attraversi le linee rosse di difesa cinese.

Se non ci sono passi avanti, il pericolo di guerra aumenterà. Ogni scontro militare avverrebbe a un prezzo devastante, anche se il conflitto rimanesse strettamente convenzionale. Il vasto arsenale di pezzi d’artiglieria e di missili del Nord può facilmente raggiungere Seul, che è a soli 30 km dalla linea di demarcazione che separa le due Coree.