Le giuste proteste degli allevatori, che rischiano di chiudere se il prezzo del latte imposto da multinazionali quali Lactalis continuerà ad essere 33 centesimo al litro, hanno messo in luce l’ingiustizia del sistema economico attuale, e l’urgenza di immediate misure a sostegno degli allevatori e dell’economia reale, a partire dal rifiuto del trattato TTIP, che abolisce i dazi e annulla i sistemi di protezioni di qualità e produzione locale, e dal ripristino della legge Glass-Steagall, che rilanci il credito all’economia reale invece che alla speculazione finanziaria.

Come ha dichiarato Paolo Brigatti, presidente dell’Associazione Produttori Latte della Pianura Padana, in una recente intervista a Varese Press (vedi http://www.varesepress.info/2015/11/p-brigatti-di-apl-pianura-padana-e-la-lotta-per-il-prezzo-del-latte/):

“In un anno ci sono stati 500 suicidi in Francia” si tratta di agricoltori in crisi, dice Brigatti e in Italia non deve capitare la stessa cosa. “Gli agricoltori non vogliono soldi pubblici”, mette le mani avanti l’intervistato per fare capire la fierezza ed indipendenza che gli allevatori hanno e vogliono mantenere senza dipendere dal potere politico. Vogliono che “il prodotto venga pagato per quello che vale”, ma questa non è una battaglia corporativa in quanto Brigatti si preoccupa che ci siano “prezzi accessibili per i consumatori”.

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Con 33 centesimi al litro non si coprono nemmeno i costi del mangime e gli altri costi di mantenimento delle stalle, che vanno dai 40 ai 50 centesimi al litro. A quanto riferisce Brigatti, nel 2001 erano presenti ed attive 102.000 aziende contro le 34.000 di oggi. Ecco il perché dei presidi di Coldiretti di fronte a Frontalis, la multinazionale francese che raggruppa Galbani, Vallelata, Invernizzi e Cademartori, e che sta ricattando i manifestanti rifiutandosi di ritirare il latte. Lungi dall’aiutare gli allevatori, il governo ha aggravato la loro situazione con le sanzioni contro la Russia, come sottolinea Brigatti.

Un prezzo congruo e remunerativo è la prima misura da prendere, per evitare che chiudano gli allevamenti e che restiamo senza latte. Ma non è solo l’agricoltura a fare le spese di questo ingiusto sistema economico, iniziato col Trattato di Maastricht e di Lisbona che hanno abolito la sovranità nazionale in politica economica e proseguito col TTIP. Il trattato di libero scambio, fortemente voluto dal guerrafondaio Presidente Obama, abolisce anche i dazi favorendo le multinazionali non soltanto nel campo alimentare, ma anche in altri campi, incluso quello farmaceutico (sono note le proteste dei medici in tutto il mondo perché col TTIP verranno aboliti anche i farmaci generici).

Insieme al drastici tagli alla spesa sanitaria decisi dal governo Renzi nell’ambito delle “riforme” volute dall’Unione Europea (le stesse riforme che hanno portato la Grecia e il Portogallo al disastro economico), il TTIP significa per i nostri cittadini un altro giro di vite di misure di austerità, che manderanno in bancarotta le imprese e le famiglie. Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT questo mese, sono 3 milioni (quasi il 12%) le famiglie che non riescono più a pagare affitto, mutuo e bollette.

In questo sistema economico ingiusto si salvano soltanto gli speculatori, a sostegno dei quali entrerà in vigore dal gennaio prossimo la legge europea sul “bail-in” (il prelievo forzoso sui conti correnti). Chiediamo quindi agli allevatori di unirsi alle altre categorie, imprenditori, associazioni di consumatori, nel chiedere a viva voce che venga ripristinata al più presto la legge Glass-Steagall, la netta separazione tra banche commerciali e banche d’affari che nel 1933, all’epoca di Roosevelt, portò gli Stati Uniti fuori dalla depressione economica rilanciando il credito all’economia reale.

Mandiamo in bancarotta Wall Street e la City di Londra, invece degli allevatori!

Editoriale di Liliana Gorini, Presidente di MoviSol

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