Il mondo non è mai stato così vicino ad una guerra nucleare, con una situazione globale più pericolosa della crisi missilistica di Cuba. I leader occidentali ci assicurano che è tutta colpa della Russia, ma nascondono il fatto che il conflitto in Ucraina è diventato una guerra diretta della NATO contro la Russia almeno dalla metà di settembre. All’escalation ha contribuito, come abbiamo riferito la scorsa settimana, l’appello del comandante in capo delle forze armate ucraine affinché l’alleanza occidentale utilizzi il suo “intero arsenale di mezzi” contro la Russia, comprese le armi nucleari.
Il 21 settembre, Putin ha annunciato una mobilitazione “parziale” delle forze armate russe e ha sottolineato l’intenzione di Mosca, in caso di minaccia al suo territorio e al suo popolo, di “fare uso di tutti i sistemi d’arma a nostra disposizione.” “Non è un bluff”, ha detto ed ha anche sottolineato che alcune delle armi russe sono “più moderne” di quelle della NATO. Al contempo, come sappiamo, è stato annunciato che in quattro regioni dell’Ucraina si terranno dei referendum per decidere se aderire o meno alla Federazione Russa. Se la maggioranza della popolazione voterà sì, e se e quando Mosca accetterà ufficialmente di integrarle nella Federazione Russa, un attacco da parte delle forze ucraine o della NATO a queste regioni, come hanno dichiarato i leader russi, sarà considerato come un attacco alla Russia stessa, che reagirà di conseguenza.
È chiaramente giunto il momento per l’Occidente di compiere ogni sforzo per arrivare ad una soluzione negoziata. Purtroppo, però, i leader della NATO hanno reagito a queste dichiarazioni nello stesso modo arrogante in cui rispondono da decenni alle richieste e agli avvertimenti di Mosca, ovvero liquidandoli su due piedi, senza ulteriori considerazioni.
Così, il segretario generale della NATO Stoltenberg (foto) ha definito le dichiarazioni di Putin “retorica sconsiderata” e i referendum “votazioni fasulle” che “non hanno alcuna legittimità”. Zelensky ha detto che “Putin sta bluffando”, mentre il suo consigliere Mykhailo Podolyak ha dichiarato al Guardian che l’Occidente dovrebbe eseguire “attacchi nucleari” sui siti di lancio della Russia, se Mosca “anche solo pensa di usare l’atomica”, ovvero ha proposto un attacco nucleare preventivo. Da Bruxelles, la Presidente della Commissione von der Leyen ha chiesto di intensificare ciò che finora non ha funzionato, ovvero le sanzioni. Appello sostenuto dal capo della politica estera dell’UE Borrell, convinto che “Putin stia fallendo militarmente”. Il Presidente Biden ha dichiarato alle Nazioni Unite che gli Stati Uniti non rispetteranno l’esito dei referendum, dopo aver affermato, con somma faccia tosta, che “nessuno ha minacciato la Russia”.
Tuttavia, l’ammiraglio Charles Richard, a capo del Comando strategico statunitense, ha ammesso che lui e i suoi colleghi stanno studiando le implicazioni di “un potenziale conflitto armato diretto con un avversario dotato di capacità nucleare… Non è più una questione teorica”.
L’unica conclusione razionale da trarre è che l’escalation deve essere fermata ora, con urgenza. Se i paesi della NATO, ma soprattutto gli Stati Uniti, smettessero di inviare armi e di fornire intelligence al loro fantoccio a Kiev, si potrebbero avviare negoziati seri. Questo è il senso di una lettera aperta che lo Schiller Institute e la Foundation to Battle Injustice hanno trasmesso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La lettera invita l’ONU a “garantire un dibattito aperto e libero sulla necessità di stabilire una nuova architettura internazionale di sicurezza e sviluppo”, che tenga conto dei legittimi interessi di tutti i paesi del pianeta.