Nel suo discorso sullo “stato dell’Unione” il 13 settembre, il presidente della Commissione dell’UE Jean-Claude Juncker ha annunciato un “meccanismo di screening” nei settori “strategici” dell’UE. “Se un’impresa pubblica straniera vuole acquistare un porto, parte della nostra infrastruttura energetica o un’impresa tecnologica della difesa in Europa, ciò dovrà avvenire in trasparenza, con uno scrutinio e un dibattito. È nostra responsabilità politica sapere che cosa succede nel nostro cortile, così da poter proteggere la nostra sicurezza collettiva se necessario”, ha dichiarato.
L’iniziativa, rivolta alla Cina, era stata sollecitata lo scorso febbraio in una lettera dei ministri dell’Industria di Francia, Germania e Italia e in una richiesta del Consiglio Europeo del 22-23 giugno su iniziativa del Presidente francese Emmanuel Macron. Il 28 luglio, i tre ministri dell’Industria hanno esercitato ancora pressioni sulla Commissione con una nuova lettera.

L’iniziativa di Bruxelles contro gli investimenti cinesi è in realtà un pretesto per proseguire sulla linea di ostilità nei confronti della Belt and Road Initiative. Al vertice di Pechino lo scorso maggio, i rappresentanti dell’UE si rifiutarono di firmare la dichiarazione finale. Un briefing scritto dal “Think Tank del Parlamento Europeo” lo scorso maggio presenta gli investimenti (o acquisizioni) cinesi come parte della Belt and Road Initiative, quando si tratta di due diverse categorie, mettendo quest’ultima in cattiva luce (vedi http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2017/603941/EPRS_BRI(2017)603941_EN.pdf).

Ironicamente, la campagna contro la Cina è condotta dagli stessi interessi che ne promossero l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC/WTO) nel 2001, allo scopo di usarla come produttore a basso costo di beni di consumo per l’Occidente. Quella politica servì a mascherare la compressione del potere d’acquisto dei consumatori occidentali, così sostenendo l’economia super-indebitata e la forza geopolitica della regione transatlantica. Ma ora la Belt and Road presenta una prospettiva di vera crescita e si pone come alternativa alla geopolitica, e allora “contrordine compagni”, la Cina va fermata.

Il briefing del Think Tank del Parlamento Europeo attinge a fonti come l’Istituto Mercator per gli Studi sulla Cina (Merics) e il Rhodium Group, che hanno in comune alcuni esperti specializzati in articoli ostili sulla Cina. Il fondatore del Rhodium Group, Daniel H. Rosen, ha fatto parte del team del governo americano che negoziò l’ingresso della Cina nella OMC nel 2000-2001.