Il siluramento del consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, annunciato da Trump il 10 settembre, non dovrebbe aver sorpreso alcuno. Bolton aveva ripetutamente agito per sabotare alcune delle più importanti iniziative del Presidente e, in più casi, si è comportato come se il Presidente fosse egli. Sono stati identificati alcuni elementi scatenanti la decisione:
* Bolton aveva assicurato Trump che il Presidente venezuelano Maduro sarebbe stato rovesciato, ma il tentativo è fallito;
* Bolton premeva per un cambiamento di regime in Iran;
* Bolton si opponeva alla decisione di Turmp di ritirare le truppe dall’Asia Sudoccidentale e a quella di porre fine alla guerra in Afghanistan;
* Bolton era contrario a migliorare i rapporti con la Russia e con la Cina.
Trump in persona ha menzionato alcuni di questi casi, spiegando che Bolton “ha compiuto alcuni gravi errori” e che “non era in linea con ciò che stiamo facendo”. Ancor più significativo è quanto ha detto riguardo alla Corea del Nord, e cioè che è stato “un grave errore” per Bolton minacciare Kim Jong-un e i suoi del “trattamento libico”. Quella minaccia aveva provocato il fallimento del secondo vertice Trump-Kim a Hanoi lo scorso febbraio.
Bolton, uno degli architetti del Project for a New American Century (PNAC), l’accolita di neocon e unilateralisti che favorì la guerra d’Iraq, non ha mai mancato di simpatizzare con i cambiamenti di regime. È il classico “cowboy” che crede che occorra “prima sparare e poi costruire la democrazia”. Naturalmente, nelle ultime guerre che egli ha appoggiato gli Stati Uniti stanno ancora sparando e uccidendo, mentre la “costruzione della democrazia” è risultato essere una vacca da mungere per consulenti e contraenti del complesso militare-industriale.
Non sorprende che molti repubblicani, specialmente i neocon, siano dispiaciuti del licenziamento di Bolton. Il sen. Rubio, una mosca cocchiera della lobby antirussa e anticinese, si è definito “un grande ammiratore di John Bolton”, aggiungendo che “a mio parere egli ha fatto un buon lavoro”. Il sen. Romney ha parlato di “una grande perdita”, mentre il Wall Street Journal ha scritto che “ora siamo meno sicuri”.
Ma forse la spia più eloquente dello stato degli affari nel Congresso è la dimensione del sostegno per Bolton da parte dei democratici. Il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer ha usato il licenziamento per attaccare Trump, dichiarando che si trattava dell'”ultimo esempio di questo approccio da governo del caos e della sua disorientata politica di sicurezza nazionale”. Il sen. Murphy (Connecticut) ha deplorato il fatto che senza Bolton, “la nostra infrastruttura di politica estera cade a pezzi” e la sicurezza nazionale è a rischio, mentre il sen. Cardin (Maryland) ha definito Bolton “una persona onesta”, aggiungendo che “è un peccato che il Presidente non accetti i suoi consigli professionali”.
Una tale effusione dimostra un sostegno trasversale per la prosecuzione della politica di guerra e dei cambiamenti di regime. Essa rende anche manifesti gli ostacoli che Trump ha finora affrontato nello sforzo di cambiare la politica strategica statunitense dalla routine geopolitica di provocazioni e guerre e avviare una cooperazione pacifica con Russia e Cina. Purtroppo è più facile liberarsi di Bolton che della maggioranza dei senatori americani…