Da mesi ormai gli integralisti geopolitici hanno intensificato la loro campagna per fermare il progetto del gasdotto Nord Stream 2 per il trasporto di gas naturale dalla Russia all’Europa. Mentre la campagna è rivolta principalmente alla Germania, altri undici paesi europei e circa 120 imprese sono direttamente coinvolti nella costruzione e nell’eventuale gestione del gasdotto. Mentre il governo tedesco si è rifiutato di cedere alle crescenti pressioni di Washington, il presunto avvelenamento di Alexei Navalny viene ora utilizzato (qualcuno direbbe che è stato inventato) per spezzare la resistenza a Berlino e in altre capitali europee.
Naturalmente, il caso Navalny è emerso proprio al momento giusto anche per impedire al presidente Trump di tenere un possibile vertice con la sua controparte russa, come si è detto sopra. Si noti che, pur opponendosi fermamente e apertamente al Nord Stream 2, Trump ha dichiarato di non aver visto alcuna prova concreta di un coinvolgimento diretto dello Stato russo nell’avvelenamento di Navalny.
Non è il caso di entrare nei dettagli sul perché Putin non avrebbe mai avvelenato una personalità dell’opposizione la cui popolarità è in declino.
In ogni caso, la controversia sul gasdotto sta causando notevoli danni diplomatici ed economici. Così, anche atlantisti di lunga data come Wolfgang Ischinger, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha avvertito che ne risentiranno non solo i rapporti tedeschi ed europei con la Russia, ma anche quelli transatlantici, avvicinando il mondo a una nuova guerra fredda. Una nuova iniziativa tedesca o comunitaria per disinnescare le tensioni sarebbe necessaria in questo momento cruciale, ma gli europei sono come paralizzati, illusi che la nebbia si diraderà dopo le elezioni presidenziali americane di novembre. Quello che le tigri sdentate europee trascurano è che se questa campagna geopolitica non viene fermata ora, i danni causati saranno troppo gravi per poter essere riparati in tempi brevi.
Quanto all’aspetto economico del conflitto, la sospensione del Nord Stream 2 colpirebbe molte piccole e medie imprese in Europa, oltre a quelle grandi come Engie (Francia), OMV (Austria) Shell e Uniper (Paesi Bassi), Wintershall DEA/BASF (Germania). Finora sono stati spesi otto miliardi di euro per la costruzione del gasdotto, al cui completamento mancano 150 km lungo le coste baltiche della Germania e della Danimarca. Altri 4 miliardi di euro sono stati investiti nel collegamento delle reti di distribuzione al terminale del gasdotto Nord Stream a Greifswald, in Germania. Una volta completato, il gasdotto pomperebbe 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso l’Europa.
Per quanto riguarda le reazioni politiche in Germania, non sorprende che il Partito dei Verdi, che è saldamente nel campo geopolitico contro la Russia, stia esortando il governo ad abbandonare immediatamente il progetto Nord Stream 2. Jürgen Trittin, un politico di spicco del Partito Verde, si è spinto fino a sostenere che la Germania non può portare avanti una cooperazione economica con “una Russia in cui l’assassinio di esponenti dell’opposizione è all’ordine del giorno”.