L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca è stato accolto con favore da molti ambienti politici di tutto il mondo, anche tra quelli che non sono fautori della geopolitica. Per questi ultimi però, il primo discorso di politica estera del nuovo Presidente, pronunciato il 4 febbraio, deve aver prodotto una sorta di choc. Sotto la sua direzione, ha detto, gli Stati Uniti “reclameranno il mantello” della leadership globale e inizieranno “a ricostruire i muscoli delle alleanze democratiche che si sono atrofizzati in quattro anni di negligenza”. E sulla stessa linea, “la leadership americana deve affrontare questo nuovo momento di autoritarismo che avanza, compresa la crescente determinazione della Cina di rivaleggiare con gli Stati Uniti e la determinazione della Russia di danneggiare la nostra democrazia”.
Le intenzioni di Biden coincidono con una serie di documenti strategici recentemente pubblicati da vari enti governativi e centri studi. La dichiarazione più scioccante, tuttavia, è venuta dall’ammiraglio Charles Richard, capo del Comando Strategico degli Stati Uniti, che ha scritto nel numero di febbraio del Proceedings dello US Naval Institute: “C’è una reale possibilità che una crisi regionale con la Russia o la Cina possa degenerare rapidamente in un conflitto con armi nucleari, qualora esse percepissero che una sconfitta convenzionale minaccerebbe il regime o lo stato. Di conseguenza, il presupposto principale delle forze armate USA deve passare da ‘l’uso di armi nucleari non è possibile’ a ‘l’uso di armi nucleari è una possibilità molto reale’…”
Come Helga Zepp-LaRouche ha sottolineato in un recente articolo, “dovrebbe essere chiaro che l’ammiraglio Richard sta parlando della terza guerra mondiale, che probabilmente significherebbe l’annientamento dell’umanità”. E di quali conflitti regionali parla, a che cosa si riferisce? “Un conflitto sul confine russo a causa dei sistemi di difesa missilistica Aegis in Polonia e Romania? O sull’Ucraina orientale, con l’Europa che diventa il teatro di guerra? Un conflitto tra Israele e Iran, o un’escalation di tensioni intorno a Taiwan?”
In questo contesto, Zepp-LaRouche passa in rassegna il documento recentemente pubblicato dal Consiglio Atlantico che auspica un colpo di stato contro il presidente Xi Jinping dall’interno della sua “cerchia ristretta” nel partito comunista cinese (vedi SAS 5/21). La signora LaRouche propone al lettore di fare un piccolo esercizio mentale: “Come reagirebbe il governo tedesco se un importante think-tank russo pubblicasse uno studio in cui chiede esplicitamente il rovesciamento della cancelliera Merkel e della sua cerchia ristretta, per aiutare una corrente nella CDU filorussa a prendere il potere, mentre allo stesso tempo il comandante delle armi strategiche parla di come sia probabile una guerra nucleare? Ci sarebbe un’alzata di scudi senza precedenti in tutta la Germania!”
Quanto alla Russia, il sostegno ad Alexei Navalny da parte degli ambienti geopolitici occidentali ha lo stesso scopo, quello di provocare una rivoluzione colorata, e quindi “creare un’opposizione all’interno della cerchia ristretta di Putin che potrebbe essere usata per rimuoverlo dal potere”.
Helga Zepp-LaRouche invita inoltre i governi europei a non lasciarsi trascinare nella campagna contro la Russia e la Cina. E alla luce delle dichiarazioni dell’ammiraglio Richard, “i paesi europei non solo devono prendere esplicitamente le distanze da tale politica, ma dovrebbero anche ritirarsi dalla NATO e allestire un’architettura di sicurezza che rifletta gli interessi delle loro popolazioni. La posta in gioco è la sopravvivenza dell’Europa”.