Poche ore prima di incontrare il presidente cinese Xi Jinping il 30 ottobre, ha fatto scalpore l’annuncio di Trump che gli Stati Uniti avrebbero ripreso i test nucleari. Nel motivare questa decisione, ha affermato che è necessario farlo per stare al passo con gli altri paesi dotati di armi atomiche. “Il processo avrà inizio immediatamente… Ho dato istruzioni al Dipartimento della Guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria”.

Nel tentativo di fornire chiarimenti, ha poi detto ai giornalisti a bordo dell’Air Force One: “Noi non facciamo test. Li abbiamo interrotti anni fa, molti anni fa. Ma dato che altri li fanno, penso che sia opportuno che anche noi li facciamo”.

Una rapida verifica rivela che non ci sono altre nazioni che testano armi nucleari. L’ultima nazione ad averlo fatto è stata la Corea del Nord nel settembre 2017. L’anno successivo, il paese si è allineato alle altre potenze nucleari, annunciando una moratoria sui test. L’ultimo test di un’arma nucleare russa risale al 1990, quando c’era ancora l’Unione Sovietica. L’ultimo test statunitense risale al 1992.

Nel tentativo di limitare i danni, a Washington circolavano voci secondo cui forse Trump fosse stato indotto in confusione dalle notizie secondo cui il 21 ottobre la Russia aveva testato con successo un nuovo missile da crociera a propulsione nucleare. Quel missile, il Burevestnik, ha percorso 14.000 chilometri ed è rimasto in volo per 15 ore durante il collaudo, ma non portava testate nucleari, né faceva parte di un test atomico.

Il 2 novembre, il New York Times ha riportato una dichiarazione rilasciata dal segretario all’Energia degli Stati Uniti Chris Wright, secondo cui gli ordini di Trump non includevano esplosioni nucleari. I test avrebbero riguardato “le altre parti di un’arma nucleare” per assicurarsi che funzionassero correttamente, secondo Wright.

Dichiarazioni come quella di Trump possono essere molto destabilizzanti, soprattutto perché il pericolo di una guerra nucleare accidentale rimane elevato, data la tensione che esiste a causa del protrarsi della guerra in Ucraina. Le tensioni sono state alimentate dall’avvio del riarmo in Europa, guidato da Starmer, Macron e Merz, e dal linguaggio di guerrafondai come la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, secondo cui nei prossimi due anni potrebbe scoppiare la guerra con la Russia. Il dibattito isterico sulla guerra include anche possibilità di una estensione della copertura nucleare britannica o francese alla Germania, o addirittura il posizionamento di armi nucleari in Germania.

Si continua a parlare di missili da crociera Tomahawk statunitensi all’Ucraina, che richiederebbero il dispiegamento di personale statunitense e della NATO per la logistica e la selezione degli obiettivi, il che giustificherebbe un possibile attacco preventivo o di ritorsione da parte della Russia contro i paesi NATO.

Data questa potenziale situazione di estrema tensione, è essenziale usare cautela e precisione nel linguaggio per evitare malintesi che potrebbero persino scatenare escalation nucleari.