Il senatore della Virginia Richard Black (foto), ex capo della divisione criminale del Pentagono, ha spesso accusato Joe Biden di non aver mai mancato di compiacersi per una guerra. Da senatore, Biden votò sia per la guerra in Iraq che per gli interventi militari in Siria e Libia. Ora dà pieno sostegno al governo israeliano nel conflitto con i palestinesi, nonostante le sofferenze che ciò causa ad ambo le parti.
Questa recrudescenza del conflitto è cominciata come tante altre nel passato. Prima, un tribunale israeliano ha consentito a un gruppo radicale di coloni israeliani di occupare abitazioni nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est che erano abitate da famiglie arabe da oltre cinquant’anni. Il governo di Netanyahu, attualmente in carica solo per gli affari correnti, ha deciso di non ostacolare la sentenza e di permettere le espropriazioni, proprio in coincidenza con le festività per la fine del Ramadan. Come nel passato, la mossa ha creato tensioni che si sono rapidamente allargate alla moschea di Al-Aqsa, nella città vecchia. La polizia israeliana è intervenuta all’interno della moschea, provocando l’esplosione della violenza. Come se non bastasse, i nazionalisti israeliani hanno marciato a Gerusalemme Est per celebrare la cattura della città nella Guerra dei Sei Giorni. La violenza si è rapidamente diffusa alla Cisgiordania e, prevedibilmente, ha portato alla risposta di Hamas, che dalla striscia di Gaza ha rovesciato una pioggia di missili sui centri abitati israeliani. Le forze armate israeliane hanno quindi ricevuto l’ordine di adottare i piani di contingenza, che comprendono una lista di obiettivi da colpire.
Nel passato, si è riusciti a ottenere un cessate il fuoco solo quando gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni su Israele, mentre l’Egitto, altri attori arabi e la Russia lo hanno fatto sui palestinesi. Israele dà ascolto solo agli USA, ma Biden ha deciso di lasciar decidere a Netanyahu quando chiedere il cessate il fuoco. Sia gli USA che la Gran Bretagna hanno bloccato qualsiasi risoluzione ONU che contenesse un semplice accenno alla fine delle violenze. Non solo, ma Biden ha bruciato l’arma più potente che aveva nei confronti di Israele, annunciando l’approvazione di un accordo per 735 milioni di dollari di forniture militari, per la maggior parte sistemi JDAM per teleguidare le bombe, che sostituiranno quelli attualmente impiegati contro i palestinesi.
A differenza dei conflitti precedenti, questo ha due conseguenze gravi per Israele e la regione. Per la prima volta dalla guerra arabo-israeliana del 1948, è scoppiata la violenza anche all’interno del paese tra arabi israeliani e ebrei israeliani, con le rispettive bande che si scontrano nelle strade, specialmente nel nord, dove c’è la più alta concentrazione di cittadini arabo-israeliani.
In secondo luogo, la violenza giova a Netanyahu, per il quale si sono riaperte le prospettive di formare un nuovo governo. Prima del conflitto, si erano tenute le quinte elezioni politiche in due anni. Netanyahu aveva ricevuto il mandato, ma non era riuscito a mettere assieme una maggioranza. La palla è quindi passata a Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Atid, che ha cercato di formare una “coalizione per il cambiamento”. Il tentativo non solo è stato sospeso fino alla fine del conflitto, ma alcuni potenziali partner hanno già annunciato che non riprenderanno i colloqui. Se Lapid fallisce, il Presidente potrebbe ridare il mandato a Natanyahu o mandare di nuovo il paese alle urne.
Biden ha posto le basi per un futuro incerto in una regione già pericolosamente instabile.