Il “Vertice per un Nuovo Patto Finanziario Globale” tenutosi a Parigi il 22-23 giugno, si è rivelato più controverso di quanto si aspettasse l’organizzatore Macron. Tra i partecipanti erano molti leader di nazioni dell’Europa occidentale, dell’Africa e dell’America Latina, così come i vertici di FMI, Banca Mondiale, Tesoro USA, BCE e Commissione Europea. Gli organizzatori hanno tentato di far approvare la proposta di una tassa globale da almeno mille miliardi di dollari all’anno da usare per combattere i “cambiamenti climatici”.
I leader africani non sono stati al gioco e molti di loro hanno ricordato i numerosi impegni presi nel passato e mai mantenuti. Il Presidente Sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che se Macron e gli altri intendono seriamente riformare l’architettura finanziaria, dovrebbero sostenere la costruzione del grande progetto della diga “Grand Inga” sul fume Congo, che genererebbe gran parte dell’elettricità per i 600 milioni di africani che attualmente non ce l’hanno. Un altro progetto per il futuro è la costruzione di una linea ferroviaria che colleghi il Sud Africa al Cairo, ha detto.
Il Presidente dello Zambia Hakainde Hichilema ha detto che avrebbe un po’ strapazzato Macron e rimarcato: “Non si può esigere che un povero si sobbarchi un peso ulteriore”. Le risorse mobilitate “devono essere investite per aiutare le nostre economie a crescere”, ha aggiunto, e ha concluso ringraziando la Cina per i fondi allo sviluppo offerti generosamente all’un per cento di interesse.
Neanche il Presidente del Kenya William Ruto ha peli sulla lingua e ha denunciato le istituzioni finanziarie internazionali che controllano sempre le risorse messe a disposizione: “Al FMI e alla Banca Mondiale hanno l’ultima parola, noi non abbiamo nemmeno la prima. Vogliamo un’organizzazione con pari diritti”.
Ai margini del vertice, Ramaphosa ha conferito col Presidente brasiliamo Lula da Silva sulle iniziative di pace in Ucraina che entrambi stanno conducendo separatamente, come pure sul programma del vertice dei BRICS in agosto in Sud Africa.
Anche la nuova presidente della Banca di Sviluppo dei BRICS, Dilma Rousseff, conduce una campagna per aumentare il ruolo della banca nel finanziamento di progetti di sviluppo per i paesi più poveri e porre fine all’”egemonia del dollaro”, sotto la quale i paesi sono costretti ad accettare “un certo sistema di valori” in cambio di fondi. Si dice loro che se non fanno così, “saranno puniti di conseguenza e andare incontro a guerre, colpi di stato o sanzioni”.