Di fronte alla tragedia della pandemia e alla prospettiva di un crollo drammatico del 30% in media del PIL, l’Unione Europea si è rivelata incapace di organizzare una risposta pronta e adeguata ai bisogni. Laddove l’emergenza sanitaria richiede massicci investimenti in nuove strutture, nella filiera dell’industria medica e farmaceutica per approntare un sistema di sanità pubblica atto a sventare il riproporsi di minacce pandemiche (primo fra tutti il Covid-19), l’UE è disposta a sganciare pochi miliardi per l’emergenza, insufficienti se non vi fosse l’apporto dei privati e dei bilanci nazionali. Laddove il crollo senza precedenti della produzione richiede un piano di investimenti pubblici colossali (sull’ordine dei duemila miliardi come ha proposto Trump per l’America), la risposta dell’UE è zero.
La mancanza di solidarietà mostrata verso l’Italia, per prima alle prese con lo tsunami della pandemia, è da girone dantesco: è una vergogna che grida vendetta al cospetto di Dio. I leader delle istituzioni europee e i nostri partner se ne sono accorti in ritardo e hanno cercato di rimediare con belle parole, ma ormai i buoi erano scappati dalla stalla. L’UE ha definitivamente perso “il mandato celeste”, come dicono i cinesi.
Quando questa newsletter sarà giunta agli abbonati, i giochi saranno fatti per la riunione dell’Eurogruppo del 7 aprile chiamato ad approvare le proposte definitive di “aiuti”, dopo che i Coronabonds erano stati bocciati dal fronte nordico. Stando alle indiscrezioni pubblicate dalla DPA e da altre fonti, Francia e Germania avrebbero raggiunto un compromesso su una versione “light” del Meccanismo di Stabilità Europeo (MES), che dovrebbe elargire prestiti a Paesi membri con l’unica condizione, temporanea, che essi vengano usati per investire nella Sanità. La proposta, tesa a evitare una messa in comune dei debiti dell’Eurozona, è un vero e proprio trappolone. Infatti, le uniche condizioni che vincolano i prestiti del MES sono quelle scritte nel trattato, per cui o si riscrive il trattato (impensabile nei tempi richiesti dall’emergenza) o qualsiasi promessa di condizioni “light” è scritta sulla sabbia.
Il boccone amaro sarebbe addolcito dal fondo contro la disoccupazione (SURE) che però ha solo 25 miliardi per tutta l’Eurozona, e da fondi per altri 25 miliardi messi a disposizione dalla BEI, che in teoria dovrebbero generarne 100. Tutto sulla carta e tuttavia niente di organico.
Il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato che il MES “è una truffa” e “fa rima con fregatura, rapina e furto”. “Possono mettere tutti gli aggettivi che vogliono: light, leggero, simpatico, carino” ma “è una truffa e chiunque parli in Europa o peggio al governo in Italia di MES fa il male dei nostri figli”. Ha però proposto un governo Draghi, che non farebbe che proseguire la stessa politica portata avanti da UE e BCE negli ultimi 10 anni: tagli al bilancio per salvare gli speculatori.
Il governo italiano è ora di fronte a una scelta esiziale. Si sono create le condizioni per cui occorre valutare se la permanenza nell’UE, in mancanza di una svolta che appare sempre più utopistica, sia da mettere in discussione prima che sia troppo tardi. Cresce nel Paese la consapevolezza che ormai la misura è colma e occorre un ripristino della sovranità monetaria. Fiorisce al proposito il dibattito sulle misure che una riconquistata sovranità permetterebbe di mettere in campo, non tutte sensate. In generale prevale, sia tra i favorevoli sia tra i contrari, la vecchia concezione del denaro sganciato dall’economia reale. Alcuni apostoli del neokeynesismo sostengono che basti “stampare denaro” e le cose si aggiustino. Altri, pur vincolando l’emissione di nuova moneta agli investimenti produttivi, sono anch’essi vittime della demonizzazione del debito pubblico e propongono l’emissione diretta. Pur non escludendo alcun mezzo a priori, va sottolineato che l’emissione diretta del Tesoro, “non a debito”, è il ricorso estremo, quando lo Stato ha perso completamente il credito. Questo non è il caso dell’Italia, che gode ancora di un grande risparmio privato che potrebbe essere trasformato in credito pubblico.
In questo senso va segnalata la proposta dell’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti il quale, in un’intervista per formiche.net, ha sottolineato che “L’elemento essenziale in questo contesto dove prevale la paura è contrastarla lavorando sulla leva della fiducia”. Tremonti ha quindi proposto “emissioni di titoli strutturate in una logica fiduciaria, di lungo periodo ed elaborata per valorizzare il nostro enorme patrimonio pubblico”. Quindi niente patrimoniale, ma la garanzia di un investimento sicuro e redditizio per i risparmiatori, addirittura esentasse. “Più o meno un secolo e mezzo fa, in una situazione ancora più drammatica, Quintino Sella introdusse la formula ‘esenti da ogni imposta presente e futura’, ha chiosato Tremonti. Questa formula cancellata nel 1986 va subito reintrodotta” e posta alla base dei nuovi titoli a lungo termine.
La proposta tremontiana potrebbe funzionare nel contesto delle quattro leggi di LaRouche: 1. Separazione bancaria; 2. Banca Nazionale; 3. grandi investimenti infrastrutturali; 4. volani scientifico-tecnologici.