L’accordo generale sugli investimenti EU-Cina, firmato il 31 dicembre dopo sette anni di negoziati, è fondamentalmente positivo per entrambi i contraenti. È considerato un successo della presidenza tedesca dell’UE e contiene numerose concessioni agli investimenti europei in Cina nei settori dell’automotive, della sanità privata, dell’ambiente, nei servizi e nel settore finanziario. Benché i dettagli non siano ancora interamente noti, in generale vengono a cessare diverse restrizioni alle imprese europee, come l’obbligo della joint venture con imprese cinesi o quello del trasferimento di tecnologia.
Le imprese europee contribuiranno all’espansione del mercato interno cinese e ne trarranno vantaggi, in particolare nel settore manufatturiero. Benché gli aggregati del PIL cinese siano inferiori a quelli statunitensi, la Cina è di gran lunga il principale produttore industriale del mondo, con il 28% dell’output manufatturiero globale. Per contro, la quota statunitense è solo del 18% inclusa la notevole parte di produzione militare.
L’accordo è visto anche come un successo politico di Xi Jinping, che è riuscito ad ottenere un trattato bilaterale con l’UE a dispetto delle pesanti pressioni di Washington. E contrariamente alla propaganda, l’accordo è vantaggioso anche per gli USA, in quanto stabilisce un benchmark sugli investimenti stranieri in Cina al quale tutto il mondo può fare riferimento. Come ha commentato l’ex sottosegretario Michele Geraci in un’intervista all’AGI da Shanghai, “Anche se non siamo a conoscenza dei dettagli, va detto che il merito principale di questo accordo è che contribuirà a portare la Cina sugli standard occidentali, specie sulle loro politiche di accesso al mercato e di rispetto della proprietà intellettuale.
“Washington”, ha proseguito, “deve comprendere che l’accordo le offre su un piatto d’argento una base su cui appoggiarsi per nuovi accordi con la Cina, perché porta Pechino più vicina ai livelli occidentali. Qualsiasi accordo viene fatto tra Ue e Cina, o Usa o Cina, fa bene sia all’Europa che all’America”.
Un aspetto critico dell’accordo è il maggior accesso ai servizi finanziari delle imprese UE, che si spera sia monitorato dalle autorità di supervisione in modo da impedire la creazione di bolle speculative. Un altro aspetto enfatizzato è l’impegno formale a centrare gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima che, nell’interpretazione occidentale, significa deindustrializzazione. Tuttavia, c’è una significativa differenza tra quelle che la Cina e l’UE considerano energie “pulite”. Il mix energetico di Pechino infatti include non solo le cosiddette rinnovabili, ma anche una crescente componente nucleare oltre a moderne centrali a carbone.

(Nella foto Michele Geraci con Claudio Celani, Helga Zepp-LaRouche e la presidente di MoviSol Liliana Gorini al convegno su “L’Italia sulla Nuova Via della Seta” a Milano nel 2019).