Il recente annuncio da parte del presidente francese Emmanuel Macron che la Francia avvierà la costruzione di nuove centrali nucleari, svilupperà piccoli reattori modulari (SMR) e investirà in nuovi reattori di quarta generazione, ha polarizzato l’Europa. Il 12 ottobre, Macron ha annunciato un piano di investimenti da 30 miliardi di euro in cinque anni per realizzare “una strategia di innovazione ed industrializzazione”.
Il Presidente francese ha ribadito questo impegno in una dichiarazione televisiva il 9 novembre, dicendo che “per la prima volta dopo decenni, rilanceremo la costruzione di centrali nucleari nel nostro Paese”, pur continuando a sviluppare le energie rinnovabili. Ciò è stato preso come una conferma del fatto che la Francia procederà alla costruzione di almeno sei nuovi reattori EPR (foto) per sostituire quelli alla fine del loro ciclo di vita. Per Emmanuel Macron, questo è necessario per garantire un’energia a prezzi ragionevoli e per rimanere innovativi nelle tecnologie orientate al futuro, in un momento in cui la pandemia di COVID ha mostrato quanto il Paese sia diventato vulnerabile e quanto dipenda dall’estero per le necessità di base.
Per ribaltare questa situazione, ha dichiarato Macron, “il mercato da solo non basta. Abbiamo bisogno di un forte intervento pubblico con investimenti importanti in alcuni settori chiave. Investimenti della nazione e anche dell’Europa”.
Se Emmanuel Macron intende effettivamente portare avanti tale politica, si renderà necessario un cambiamento drastico delle attuali politiche dell’UE in aree cruciali, e non solo in quella dell’energia. Inoltre, non è chiaro per quanto tempo egli rimarrà al potere, dato che nell’aprile prossimo si terranno le elezioni presidenziali.
Mentre il governo tedesco ha reagito negativamente, esso non ha convinto molti altri Paesi. Nei Paesi Bassi, la questione è un aspetto importante dei colloqui in corso per formare un nuovo governo di coalizione, con i liberali di destra VVD e i cristiano-democratici (CDA) entrambi a favore della costruzione di fino ad otto nuove centrali nucleari. Degli altri due potenziali partner di coalizione, il Christen Unie non è contrario al nucleare in linea di principio, mentre il D66 ha dubbi sia sulla necessità, che sui costi.
Polonia, Romania e Bulgaria hanno ribadito al vertice COP26 l’impegno per lo sviluppo dell’energia nucleare, con tutti e tre i governi favorevoli alla costruzione di piccoli reattori modulari (SMR). In Spagna, i socialisti al governo mantengono la loro posizione a favore di un’uscita totale dal nucleare, ma i partiti di opposizione Partido Popolar e Vox sono contrari.
Forse il segnale più indicativo di un cambiamento in Europa è il caso dell’Italia, che non ha firmato una dichiarazione anti-nucleare insieme alla Germania e ad altri quattro stati membri dell’UE. Secondo gli ambientalisti, il governo ha stretto un accordo con il governo francese, in base al quale se la Francia appoggia l’inclusione del gas naturale nella tassonomia dell’UE, l’Italia sosterrà l’iniziativa francese per l’inclusione dell’energia nucleare. La situazione in Germania, tuttavia, rimane preoccupante, soprattutto perché ci si aspetta che il nuovo governo sia ancora più “verde” di quello uscente.