Un numero crescente di persone su entrambe le sponde dell’Atlantico chiede a gran voce la “riapertura” immediata dell’economia, eliminando le restrizioni imposte dal coronavirus. Non c’è dubbio che molti stiano subendo gli effetti del lockdown, avendo perso il posto di lavoro o la propria attività ed essendo costretti a ridurre drasticamente i consumi personali. Ma una generica richiesta di “riapertura” di un’economia che ha subìto una serie di shock dallo scorso settembre, ignora che il problema è molto più fondamentale, e iniziò ben prima dell’epidemia del Covid-19.
Quelli a cui assistiamo sono infatti gli effetti di una spirale discendente cinquantennale causata dal predominio della politica economica neoliberista britannica. Proprio per stimolare il livello di pensiero necessario per cambiare queste politiche, il LaRouchePAC ha appena pubblicato un opuscolo intitolato “Il piano LaRouche per riaprire l’economia americana: il mondo ha bisogno di 1,5 miliardi di nuovi posti di lavoro produttivi”. L’opuscolo affronta il problema partendo dall’alto, ovvero esaminando i requisiti mondiali per invertire l’ampio crollo economico-finanziario che ha impedito a molte nazioni di affrontare efficacemente lo scoppio di una pandemia.
Il nocciolo del problema è la mancanza di comprensione del fatto che la vera ricchezza non si misura con il denaro, ma con la produzione di beni fisici e con la capacità di aumentare il tasso di incremento della produttività del lavoro. Il dogma neoliberista, al contrario, promuove un’idea astratta di “libertà” come base dello sviluppo della ricchezza. Così, molti si illudono di pensare che un “ritorno ai vecchi tempi”, di visite a saloni di bellezza e tatuaggi, topless bar, partite di calcio e concerti di musica pop e viaggi (come esempi delle “libertà” che essi associano all’economia di un tempo) sia tutto ciò che serva per produrre una ripresa economica. Non capiscono che l’attuale spirale di crollo finanziario è il risultato diretto dell’interruzione dei progressi iniziati nel secondo dopoguerra, nel corso del quale le innovazioni produttive derivanti dalle nuove scoperte scientifiche e le tecnologie da esse derivate, insieme agli investimenti in nuove piattaforme infrastrutturali tali da ridurre il costo complessivo della produzione, furono il motore di un costante aumento del tasso di crescita dell’economia globale (sia negli Stati Uniti sia in Europa).

La produttività è la chiave per lo sviluppo

Lo studio del LaRouchePAC sulla creazione di 1,5 miliardi di posti di lavoro in tutto il mondo dimostra che la trasformazione della forza lavoro derivante dai progressi scientifici è il motore del vero sviluppo economico. Il passaggio dall’occupazione produttiva all’economia dei servizi o dei consumi è la causa principale della spirale economica al ribasso, che è culminata nell’attuale economia dominata dalla bisca finanziaria. Alla fine della seconda guerra mondiale negli Stati Uniti il 50% della forza lavoro era impiegata in attività produttive, nell’industria manifatturiera ed estrattiva, nell’agricoltura, nella produzione e trasmissione di energia, nell’edilizia e nei trasporti. Negli anni ’60, nonostante l’anomalia della NASA, che impiegò oltre 400.000 persone nel proprio progetto, questa percentuale era scesa al 35%. Nel 2020 è attestata addirittura al 15%.
Questo non è il risultato dell’emergere di Internet, dell’Intelligenza Artificiale e della robotica, ma del deliberato outsourcing di posti di lavoro produttivi verso Paesi poveri a minor costo della manodopera. Quando ciò si unisce all’austerità nella spesa per le infrastrutture e ai tagli ai fondi del settore Ricerca e Sviluppo (R&S) – che nella “nuova economia” non rendono abbastanza – il risultato è un crollo del profitto reale per l’economia nel suo complesso. Lyndon LaRouche ha sempre sostenuto che è un grave errore misurare il profitto in termini monetari, errore madornale insito nelle false determinazioni del PIL, che includono il denaro investito nella speculazione e in altre forme di gioco d’azzardo. Invece, il profitto reale deriva dalla crescita economica fisica, trainata dalla scienza e dalla tecnologia, che aumentano le capacità produttive di ogni membro della forza lavoro impiegata.
Il capitolo 3 del rapporto del LaRouchePAC, per esempio, parla delle misure di LaRouche per aumentare la produttività del lavoro. Egli si oppose alla teoria del libero mercato secondo cui “cheaper is better”. I miglioramenti nell’economia reale derivano invece da una simultaneità di fattori: a.) deve aumentare la quota della produzione totale destinata al consumo di lavoratori produttivi qualificati e istruiti; b.) deve aumentare più rapidamente la quota della produzione destinata alle nuove piattaforme di infrastrutture e di beni strumentali. In altre parole, l’intensità di capitale della produzione deve aumentare anche con l’aumento dei livelli di consumo, per produrre un surplus da impiegare per investire nei futuri avanzamenti. Affinché ciò avvenga, un minimo del 5% della forza lavoro deve essere impiegato in R&S, che attualmente rappresenta meno dell’1,5%.
L’analisi dettagliata dell’attuale crollo degli addetti alla produzione di beni necessari e del mancato investimento in settori che consentirebbero futuri avanzamenti di produttività chiarisce perché la domanda di “riapertura” dell’economia, senza affrontare la degenerazione del settore della produzione di beni e del vettore scientifico e della ricerca degli ultimi cinquant’anni, non porterà ad una ripresa. È adottando “volani scientifici” nelle aree di frontiera, come la tecnologia spaziale e lo sviluppo della fusione nucleare, che si verificano quei salti di produttività che consentono di continuare ad aumentare costantemente il tasso di crescita di un’economia – il che significa che una popolazione in crescita può essere sostenuta con un tenore di vita sempre più elevato.
Questo approccio larouchiano, ben diverso dall’attaccamento illusorio all’edonismo di un’economia basata sui consumi, non consentirà solo la “riapertura” dell’economia, ma anche l’inizio di una nuova era di progresso umano.