Il 31 agosto il Senato brasiliano ha votato, come previsto, per l’impeachment della Presidente Dilma Rousseff in base ad accuse pretestuose di reati che non aveva commesso. Lasciando Palazzo Alvorada dopo il voto di 61 a favore e 20 contro, la Rousseff ha chiarito che la battaglia per il Brasile non è finita e continuerà:


“Il progetto democratico nazionale progressista ed inclusivo che rappresento è stato interrotto da potenti forze reazionarie e conservatrici. esse prenderanno il controllo delle istituzioni dello Stato per metterle al servizio del liberismo economico più radicale e della regressione sociale.. Ascoltate bene: credono di averci sconfitti, ma hanno torto. So che noi ci batteremo tutti. torneremo per continuare il nostro viaggio verso un Brasile in cui il popolo è sovrano.”


Il giorno dopo il golpe giudiziario, l’ex Presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner lo ha definito accuratamente “un elemento di destabilizzazione regionale proveniente da settori economici interni ed esterni” a cui non piaceva il fatto che la Rousseff avesse unito tutto il Sud America insieme alle nazioni dei BRICS al .ò-vertice di Fortaleza del luglio 2014.


Intervistata a Radio 10 da Roberto Navarro, la Fernández ha denunciato il fatto che il Brasile, l’Ecuador, la Bolivia e il suo stesso governo (prima che lasciasse l’incarico) fossero stati presi di mira per aver adottato una politica estera più indipendente, ed essersi alleati a Russia e Cina. Ha specificato che “l’incontro che Dilma ha tenuto in Brasile, tra Mercosur, Unasur e i BRICS non è andato molto a genio alle potenze extra continentali” che stanno dietro al golpe contro la Rousseff.


Durante il dibattito al Senato, il Senatore Roberto Requiao ha chiesto ai sostenitori dell’impeachment se fossero “preparati alla guerra civile. No? Allora scavate le trincee, perché il conflitto sarà inevitabile. Il popolo brasiliano che aveva assaggiato il piacere del miglioramento sociale per qualche anno non tornerà in modo sottomesso nei quartieri degli schiavi”, ha detto.


In tutto il Sud America cresce il riconoscimento del fatto che dietro il golpe giudiziario in Brasile ci siano degli “stupratori” finanziari, come li ha definiti LaRouche. Il governo venezuelano ha congelato i rapporti diplomatici col Brasile, e i governi dell’Ecuador e della Bolivia hanno richiamato per consultazioni l’addetto d’affari delle loro rispettive ambasciate a Brasilia. Il governo dell’Uruguay ha definito l’estromissione della Rousseff una “profonda ingiustizia”.


Annunciando le sue dimissioni alla vigilia del voto per quello che ha giustamente identificato come un golpe, il numero due della Procura Generale Ela Wiecko ha dichiarato alla rivista Veja che molti rappresentanti delle istituzioni concordano con lei. Ha aggiunto che molti di coloro che hanno patteggiato nell’inchiesta sulla corruzione hanno fornito prove anche contro il nuovo Presidente Michel Temer, il che indica che non resterà Presidente molto a lungo.