L’obiettivo principale della visita della Speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan il 4 agosto è stato quello di oltrepassare intenzionalmente la “linea rossa” stabilita da Pechino, sostenendo e incoraggiando le forze separatiste dell’isola, in violazione dell’impegno di Washington per la politica di una sola Cina.
Ma un altro obiettivo importante era quello di cercare di convincere i produttori di chip taiwanesi a investire in stabilimenti produttivi negli Stati Uniti, che sono molto indietro in questo settore. Sono così indietro che il Congresso degli Stati Uniti ha approvato a luglio una nuova legge (CHIPS Act) che prevede 52 miliardi di dollari di sussidi governativi e circa 24 miliardi di dollari di incentivi fiscali per le aziende che producono semiconduttori. Gli Stati Uniti rappresentano solo il 12% circa del settore dei semiconduttori, mentre Taiwan domina il mercato, producendo attualmente circa il 50% dei microchip utilizzati a livello mondiale,
Nel contesto della “guerra dei microprocessori” che Washington intende lanciare, Nancy Pelosi ha pranzato a Taipei con Morris Chang, fondatore ed ex presidente della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), il principale produttore di semiconduttori al mondo. Secondo un articolo di George Koo, ex consulente di imprese statunitensi in Cina, pubblicato su Asia Times, la Pelosi lo ha esortato a completare il nuovo sito della sua azienda in Arizona e a portare fuori della Cina altra produzione. “La cortese risposta di Chang alla Pelosi”, scrive Koo, “è stata che costruire fabbriche di semiconduttori in luoghi diversi non è economicamente o tecnicamente pratico. Chang, cittadino americano, non ha detto di ritenere che gli Stati Uniti non dispongano del personale qualificato necessario, come invece aveva detto in altre occasioni”.
La visita della Pelosi in Corea del Sud è stata un fallimento ancora più grande da questo punto di vista. Il suo scopo, scrive George Koo, era quello di “esercitare pressioni sulla Samsung e su altri produttori di chip in Corea affinché si unissero a TSMC e trasferissero le loro fabbriche negli Stati Uniti”. Ma se accettassero le sovvenzioni previste dalla nuova legge, dovrebbero smettere di fornire chip alla Cina, che attualmente acquista il 60% della loro produzione. “Rinunciare al 60% del loro business per rispettare l’embargo americano sarebbe un vero dilemma per la Corea del Sud”, osserva George Koo. Questo potrebbe spiegare perché il Presidente sudcoreano Suk-yeol ha evitato di incontrare Nancy Pelosi e la sua delegazione durante la loro visita, con la scusa che era in vacanza.
Quanto a Taiwan, la Cina rappresentava oltre il 20% delle vendite di TSMC, prima che l’amministrazione Trump “le ordinasse di smettere di fornire chip avanzati a Huawei, ZTE e altri”. Di conseguenza, questa quota è scesa a circa il 10%, secondo l’azienda.
L’embargo di Washington ha danneggiato tutto il settore, osserva Koo, che cita l’esempio dell’azienda olandese ASML, il primo produttore di macchine litografiche necessarie per la produzione di semiconduttori. Oltre ad aver sanzionato il suo più avanzato sistema a ultravioletti estremi (EUVL), gli Stati Uniti chiedono ora ai Paesi Bassi di vietare anche l’esportazione in Cina di una vecchia generazione di macchine a ultravioletti profondi (DUV), che nel 2021 rappresentavano il 14,7% delle vendite totali dell’azienda.