Il 17 novembre circa trecentomila francesi hanno inscenato blocchi stradali in tutto il Paese per protestare contro i forti aumenti del prezzo dei carburanti nelle ultime settimane, l’ultimo in una serie di malcontenti per la politica anti-sociale di Macron. La rivolta dei “gilet gialli” ha mobilitato molti cittadini solitamente apolitici, esponenti delle classi medie inferiori, dei lavoratori “poveri” e degli agricoltori che usano il proprio veicolo per lavorare. Per loro la situazione si è fatta insostenibile.

Da quando, alla fine del 2017, il governo ha adottato le misure per contrastare i “cambiamenti climatici” e l'”inquinamento”, è esploso il prezzo dei carburanti, esacerbato dagli ultimi aumenti sui mercati internazionali. Il gasolio è aumentato del 23% e la benzina del 15%, spinto dalle accise che rappresentano il 57% del prezzo della benzina e il 60% del gasolio.

Per una coppia con due figli che possieda un’auto con motore diesel e riscaldi l’abitazione con olio combustibile, i costi annui sono aumentati di 600 euro, tendenza in salita. Il prezzo del carburante per uso agricolo è salito da 50 a 67 centesimi, il che significa 7.400 euro in più all’anno per ventimila litri. E il prezzo di quello per le macchine da costruzione passerà da uno a un euro e cinquanta al litro.

Macron ha dapprima liquidato le proteste con la solita arroganza, sostenendo che coloro “che si lamentano dell’aumento del prezzo del carburante sono gli stessi che si lamentano dell’inquinamento e di come soffrano i loro figli”. Sorpreso dalla forte reazione popolare, ha cercato di metterci una pezza in un’intervista per TFI il 14 novembre, allestita a bordo della portaerei Charles de Gaulle, dicendo che egli “comprende” la rabbia ma tuttavia si rifiuta di cambiare politica. L’ironia è che affermava ciò seduto di fronte a un Rafale che brucia 110 litri di cherosene al minuto quando i motori girano al massimo!

Jacques Cheminade, presidente di Solidarité et Progrès, ha dichiarato il suo pieno sostegno alla protesa dei “gilet gialli” in una dichiarazione rilasciata il 12 novembre. Il governo, ha ammonito, persegue una politica “ambientalista” che non è né giusta né efficiente, e si aspetta che i lavoratori che non hanno accesso ai trasporti pubblici paghino il conto. Inoltre, ha fatto notare, “solo il 19% delle accise va veramente negli investimenti per l’ambiente”. E l’aumento dei prezzi non contribuirà alla lotta all’inquinamento, perché chi non può fare a meno dell’automobile non vi rinuncerà.

Al di là della questione dei prezzi, Cheminade propone una svolta generale rispetto alla politica “liberista” degli ultimi quarant’anni, una politica che ha portato a una “dittatura finanziaria”. Nella foto, militanti di Solidarité et Progrès alla manifestazione dei gilet gialli a Parigi.