È un’ovvietà il dire che “la morte è parte naturale della vita”, ma ciò non vale per il genocidio.

Da Gaza ad Haiti, al Sudan; dall’Argentina all’Egitto, assistiamo all’eliminazione intenzionale di milioni e milioni di esseri umani, il cui contributo allo sviluppo dell’umanità viene così soppresso.

Non cercate spiegazioni relative alle particolari circostanze di ciascun caso – lo spaventoso bombardamento di Gaza; le squadre violente di Port-au-Prince; le impietose politiche economiche di stampo schachtiano a Buenos Aires, ecc.

La politica di genocidio è intenzionale. Proprio per questo motivo essa può essere respinta grazie ad una politica di pace tramite lo sviluppo economico, a dimostrazione di quella sacralità della vita umana che il dogma di Malthus nega.

Il non compianto Principe Filippo di Edimburgo (1921-2021) ebbe a dire nel 1988:

«Più persone vi sono, più risorse esse consumano, più inquinamento esse producono, più combattive diventeranno. Non abbiamo scelta. Se la loro crescita non sarà controllata volontariamente, lo sarà da una crescita di malattie, carestie e guerre… Nel caso in cui mi reincarnassi, mi piacerebbe tornare sotto forma di un virus mortale, in modo da poter contribuire in qualche modo a risolvere il problema della sovrappopolazione».

Prima di lui, Bertrand Russell (1872-1970), per Lyndon LaRouche il più malvagio uomo del XX secolo, ebbe ad affermare nel 1951:


«La guerra è finora stata deludente a tal fine [del controllo della crescita demografica], ma forse la guerra batteriologica potrà dimostrarsi efficace. Se una Peste Nera potesse diffondersi nel mondo a ogni generazione, i sopravvissuti potrebbero procreare liberamente, senza rendere il mondo troppo pieno».

Ancora prima, Thomas Malthus (1766-1834) scrisse nel 1791 il celebre passo:


«Ogni bambino nato in soprannumero rispetto all’occorrente per mantenere la popolazione al livello necessario deve inevitabilmente perire, a meno che per lui non sia fatto posto dalla morte degli adulti … pertanto … dovremmo facilitare, invece di sforzarci stupidamente e vanamente di impedire, il modo in cui la natura produce questa mortalità; e se temiamo le visite troppo frequenti degli orrori della fame, dobbiamo incoraggiare assiduamente le altre forme di distruzione che noi costringiamo la natura ad usare. Invece di raccomandare ai poveri l’igiene, dobbiamo incoraggiare il contrario. Nelle città occorre fare le strade più strette, affollare più persone nelle case, agevolando il ritorno della peste».

Questa politica esiste da secoli, promossa dall’oligarchia imperiale britannica. Ricordate ciò che scrisse il più vile tra i “filosofi” liberali britannici, David Hume (1711-1776), nel volume dodicesimo della sua Storia dell’Inghilterra, con il quale raccontò come

«i britannici della Compagnia delle Indie Orientali manifestarono l’immensa superiorità del carattere britannico… Essi consideravano la guerra contro i nativi soltanto al pari di una avventura commerciale: da un cosi alto rischio corso, da una certa quantità di sangue versato e da una certa estensione di territorio reso desolato, grandi somme sarebbero state guadagnate».


La patologia britannica del malthusianesimo ha preso possesso dell’establishment statunitense, soprattutto del Dipartimento di Stato, con particolare vigore dagli anni Settanta di Kissinger e Brzezinski. In un’intervista del 20 febbraio 1981 che l’Executive Intelligence Review ampiamente denunciò, Thomas Ferguson, allora funzionario dell’Ufficio per gli Affari Demografici (OPA) del Dipartimento di Stato incaricato di seguire la regione iberoamericana, discusse il caso della Repubblica di El Salvador nei seguenti termini:

«Il governo del Salvador non ha voluto adottare i nostri programmi di efficace riduzione della popolazione. Ora hanno una guerra civile, di conseguenza. Questa, da sola, non potrà fare molto, anche se vi saranno dislocazioni e forse anche penuria di cibo. C’è ancora troppa gente, là… Dobbiamo ridurre i i livelli demografici. O i governi lo faranno alla nostra maniera, attraverso metodi gentili e puliti, oppure si ritroveranno nel tipo di caos cui assistiamo in El Salvador, o in Iran, o a Beirut. La demografia è un problema politico. Una volta fuori controllo, la popolazione richiede un governo autoritario, finanche il fascismo, per essere ridotta…»

«Per ridurre rapidamente una popolazione, si devono ridurre tutti i maschi in un combattimento e uccidere un numero significativo di femmine in età fertile. Lo sapete che finché si hanno molte femmine fertili, si avranno problemi…Nel Salvador si stanno uccidendo pochi maschi e poche femmine non muoiono in numero sufficiente per portare a segno il lavoro sulla popolazione. Se la guerra dovesse durare trenta o quarant’anni, ecco allora che si compierebbe qualcosa…»

«Il metodo più rapido per ridurre la popolazione è quello della carestia, come in Africa, o della epidemia, come la Peste Nera. Ciò che potrebbe accadere a El Salvador è l’interruzione per motivi bellici della distribuzione del cibo: la popolazione ne sarebbe indebolita e si potrebbe sperimentare malattia e carestia, come è accaduto in Bangladesh o in Biafra. Si creerebbe rapidamente una tendenza verso tassi demografici di declino».

Ferguson parlerebbe alla stessa maniera, se oggi dovesse esprimersi a proposito di Gaza.

Consideriamo un altro soggetto, William Paddock, un agronomo tra i primi pionieri della teoria del controllo demografico, assieme al fratello Paul impiegato nel Dipartimento di Stato. Egli prese l’esempio del Messico per sostenere la stessa visione:

«La popolazione del Messico deve essere dimezzata. Si chiuda la frontiera e li si guardi mentre urlano».

Intervistato da un giornalista sulla possibilità della rapida decrescita della popolazione, Paddock spiegò:

«Con i metodi abituali: carestia, guerra e pestilenze… Le guerre sono un metodo inefficace di ridurre la popolazione. Non la raccomanderei, pertanto. Certamente, la popolazione del Messico calerà. Lo sappiamo. Se essa continua a crescere come sta facendo, uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse verrà a occuparsene: sarà la guerra, sarà la carestia, sarà la peste; qualcosa accadrà».


Lyndon LaRouche, il più noto economista e statista americano dei nostri tempi, affrontò questo paradigma malthusiano, parlando alla conferenza dell’Executive Intelligence Review del 16 maggio 1982, avvertendo che era in attivazione una nuova dottrina militare, quella della “guerra demografica contro il Terzo Mondo”.

«La nuova politica proposta, fabbricata in Gran Bretagna e talvolta chiamata ‘guerra demografica’, sta per coinvolgere le forze militari degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica in una ‘guerra convenzionale’ contro i popoli delle nazioni del settore in via di sviluppo… [I documenti Global 2000 e Global Futures dell’Amministrazione Carter] definiscono la principale minaccia strategica degli anni Ottanta non le forze militari sovietiche, ma le dimensioni dei popoli dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia. Essi asseriscono che i popoli neri, bruniti e di tinte gialle stanno per i loro numeri eccessivi consumando troppe risorse dei territori da loro abitati, risorse naturali che la razza anglo-sassone deve preservare per i proprî bisogni futuri…»

«Lo scopo non è ridurre demograficamente i popoli dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia semplicemente facendo sì che soldati americani, britannici e francesi sparino ai civili; piuttosto la sciagura della guerra in quelle regioni del mondo è pensata per distruggere ampie porzioni delle infrastrutture economiche di base delle nazioni prese di mira. Lo scopo è creare le condizioni della carestia, delle malattie epidemiche e delle pestilenze che sarebbero sufficienti per causare quella desiderata crescita della mortalità».

Se questa politica vi risulta odiosa, assieme alla concezione dell’uomo che la ispira, allora prenota la tua partecipazione alla videoconferenza internazionale dello Schiller Institute “Il Piano Oasi: la soluzione di LaRouche per la pace attraverso lo sviluppo economico in Israele, Palestina e tutta l’Asia Sudoccidentale”.

Partecipa, preparato a discutere dei Dieci Principî per una nuova Architettura di Sicurezza e di Sviluppo Economico, tra i quali si legge:

«Il presupposto di base per il nuovo paradigma è che l’uomo è fondamentalmente buono e capace di perfezionare indefinitamente la creatività della propria mente e la bellezza del suo animo, ed è la forza geologica più avanzata nell’universo, il che prova che la legittimità della mente e la legittimità dell’universo fisico sono in corrispondenza e in coesione, e che tutto il male è il risultato di una mancanza di sviluppo e, dunque, può essere superato».

Per partecipare alla conferenza online riempire il modulo in fondo al seguente link: https://schillerinstitute.nationbuilder.com/oasis_conference_20240413?utm_campaign=oasis_conference_april_13&utm_medium=email&utm_source=schillerinstitute&fbclid=IwAR1BC6CVCJN5fD1TupdQD8Y4n2uIGi6sxC1Q02htRom1uSfa5MGiM9JMxgo_aem_AcAtwd_pekbMttjCzafVnsZ2xm9pyDg-vWX_-eWj4nKDM_pmz9pq__YJutpl8ooUxH1mkSP1yxxvxFUH-rKMKYa1