Mentre scriviamo, si è appena concluso il secondo giorno dei negoziati in Egitto su un potenziale accordo di cessate il fuoco a Gaza, un processo che si prevede sarà lungo. Benché le intenzioni di Netanyahu e dei suoi alleati siano ben note, l’amministrazione Trump continua a sostenere che sia possibile raggiungere una risoluzione reciprocamente accettabile. Il 5 ottobre, otto paesi a maggioranza araba e musulmana hanno rilasciato una dichiarazione in cui accolgono con favore l’accettazione iniziale della proposta di Trump da parte di Hamas e nutrono la speranza che essa possa portare a un quadro di pace duraturo per l’Asia sud-occidentale.
Nelle principali città europee, le manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese, che chiedono la fine del genocidio, hanno raggiunto numeri record. In Spagna, il 4 ottobre, circa 100.000 persone hanno manifestato a Madrid e 70.000 a Barcellona. In Italia, il 3 ottobre, quasi un milione di lavoratori hanno aderito allo sciopero generale e, secondo gli organizzatori, il giorno seguente un altro milione di persone è sceso in piazza a Roma. Nei Paesi Bassi, 250.000 manifestanti hanno affollato le strade della capitale per chiedere la fine del genocidio. Il 27 settembre 100.000 (60.000 per la polizia) cittadini tedeschi sono scesi in piazza a Berlino (foto).
Oltre a chiedere giustizia per i palestinesi, molti dei manifestanti sono anche indignati per il disprezzo della vita umana dimostrato dai propri governi e dall’Unione Europea. In Francia, pilastro della “coalizione dei volenterosi” europea, il governo del primo ministro incaricato Sébastien Lecornu, il quarto in un anno, è caduto meno di 24 ore dopo la nomina. Macron è rimasto sordo al malcontento popolare e alle richieste di dimissioni. Nelle cancellerie dell’UE e a Bruxelles si guarda con allarme ai risultati elettorali nella Repubblica Ceca, che confermano un cambiamento di rotta di molti paesi nei confronti della Russia.