I mercati finanziari, la Commissione EU e la grancassa dei media allineati hanno salutato euforicamente il mandato a Mario Draghi per formare un nuovo governo. Quando andiamo in macchina non è ancora noto l’esito del tentativo dell’ex banchiere centrale, ex banchiere d’affari e ex Privatizzatore In Capo. Egli deve ottenere la quadratura del cerchio, mettendo assieme Cinquestelle e Berlusconi, PD e Lega ecc. È però un cerchio assai ammorbidito, a giudicare dalle adesioni incondizionate di tutti i candidati all’ammucchiata. Per tutti, l’ex signor Britannia è cambiato; un giudizio che effettivamente si basa sul famoso articolo che Draghi scrisse per il Financial Times nel marzo scorso, riletto a posteriori come un vero e proprio manifesto per la guida del paese.
In quell’articolo, Draghi si pronunciava a favore di una grande espansione della spesa pubblica per contrastare l’effetto della pandemia, che egli ha paragonato ad una guerra. Compito dei governi, scrisse Draghi, è sostenere le imprese con la liquidità necessaria e se necessario, cancellare il debito di chi non fosse in grado di riprendersi dopo la crisi (https://www.ft.com/content/c6d2de3a-6ec5-11ea-89df-41bea055720b).
Ma questa è solo metà della storia. L’altra metà è contenuta nella presentazione del rapporto annuale del Gruppo dei Trenta. In quel rapporto, Draghi dice chiaramente che gli aiuti statali andranno solo alle imprese “sostenibili”, cioè quelle che sono compatibili con la transizione “verde” dell’UE. “Atteggiamento verso le imprese insolventi e l’occupazione: i decisori politici dovranno ponderare se preservare lo status quo e i posti di lavoro esistenti, o se permettere o incoraggiare il processo di ‘distruzione creativa’, in cui le imprese falliscono, permettendo che i posti di lavoro e le risorse emigrino dalle imprese perdenti a quelle meglio attrezzate per la nuova economia”, dice il rapporto, usando il termine “distruzione creativa” ben sei volte.
Dunque, l’agenda di Draghi, finora celata dietro una lista di priorità generiche, è quella che i regimi della regione transatlantica hanno deciso di adottare sotto il titolo di “Grande Reset” o “Capitalismo degli Stakeholder”. Si tratta di una riedizione della politica resa famosa dal primo ministro del Tesoro di Hitler, Hjalmar Schacht. Questi adottò una enorme espansione del debito pubblico, mascherato dietro una ditta inesistente, la Metallforschung Gesellschaft (Mefo), per finanziare spesa improduttiva (il riarmo). Similmente, Draghi e la fazione del Grande Reset intendono usare grandi investimenti pubblici per la improduttiva transizione verde. In quel contesto, ci sarà qualche risorsa anche per le infrastrutture, ma l’accento sarà sul garantire flussi finanziari al rifinanziamento del debito del sistema. Alla fine, l’economia fisica sarà rovinata e le finanze pubbliche pure. Lo sbocco della politica di Schacht era la guerra fin dall’inizio. L’Italia non pianifica guerre, ma gli Stati Uniti di Biden e la NATO perseguono una politica di scontro con Russia e Cina e, come abbiamo visto sopra, c’è chi parla di guerra eccome.

Sul governo Mario Draghi, Liliana Gorini, presidente di MoviSol, ha pubblicato il 29 gennaio la seguente dichiarazione: