Il 9 luglio, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato all’unanimità una risoluzione sull’aiuto umanitario transfrontaliero per la Siria preparata congiuntamente da Russia e Stati Uniti insieme a Irlanda e Norvegia. È la prima volta che Washington riconosce di fatto l’autorità del governo siriano e l’integrità territoriale del Paese.
L’ambasciatore russo all’ONU Vassily Nebenzia (foto) ha descritto l’approvazione della risoluzione come un “momento storico”. “Per la prima volta la Russia e gli Stati Uniti, non solo sono riusciti ad accordarsi”, ha detto, “ma hanno elaborato una bozza consolidata di risoluzione che ha trovato il sostegno di tutti i nostri colleghi del Consiglio. Speriamo che questo tipo di scenario sia un punto di svolta da cui trarranno beneficio non solo la Siria e il Medio Oriente, ma il mondo intero”.
La Russia, ha detto, aveva tracciato le sue linee rosse durante le consultazioni sul rinnovo della risoluzione e, dopo aver raggiunto un compromesso, sono state incluse nel documento disposizioni che erano mancate nel progetto originale. A queste condizioni, Mosca ha accettato il rinnovo per sei mesi del funzionamento del checkpoint di Bab al-Hawa al confine turco-siriano, invece del rinnovo di dodici mesi originariamente proposto dagli Stati Uniti.
Il ministro degli Esteri siriano Mekdad ha approvato il testo finale, in quanto specifica che la consegna degli aiuti umanitari può eventualmente provenire anche dall’interno della Siria e non solo dal valico di frontiera, che è fuori dal controllo del governo siriano e che, secondo Damasco, canalizza il sostegno ai gruppi armati terroristici e separatisti.
La TASS ha citato un funzionario ad alto livello dell’amministrazione statunitense senza farne il nome, il quale ha dichiarato che l’approvazione di questa risoluzione non sarebbe stata possibile senza il vertice tra Joe Biden e Vladimir Putin.
La risoluzione cita anche le misure pratiche da adottare per affrontare l’impatto socio-economico del Covid-19 in Siria, che, secondo Nebenzia, dovrebbero essere a spese della comunità internazionale. All’ambasciatore francese Nicolas de Rivière, che aveva detto che la Francia non avrebbe fornito aiuti in assenza di un processo politico credibile a Damasco, il suo omologo russo ha risposto: “Non state facendo questa assistenza per il governo siriano, la state facendo per il popolo siriano. E non ci possono essere condizioni per questo”.
La risoluzione accoglie “tutti gli sforzi e le iniziative per ampliare le attività umanitarie in Siria, tra cui l’acqua, i servizi igienici, la salute, l’istruzione e gli alloggi”, nonché iniziali progetti di ricostruzione.
Si ipotizza che il compromesso raggiunto al Consiglio di Sicurezza sia il preludio ad un completo ritiro degli Stati Uniti dal territorio siriano. La questione cruciale è tuttavia se Washington sospenderà le sanzioni genocide, in particolare il Caesar Syria Civilian Protection Act del 2019, firmato dall’ex presidente Donald Trump nel 2020, che minaccia di sanzionare qualsiasi Paese che fa affari o investe in Siria. Questa legge ha ostacolato qualsiasi sforzo internazionale per iniziare la ricostruzione del Paese dopo dieci anni di guerra.