È proprio vero che “Chi gli dei vogliono distruggere, prima li fanno impazzire”. Il segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen ha trascorso una settimana in Europa per convincere gli europei e i partner del G7 a intraprendere azioni contro la Russia e la Cina che finiranno per danneggiare le economie occidentali, in primis quella statunitense.
Per quanto riguarda la Russia, la Yellen vuole utilizzare i beni russi congelati per finanziare l’Ucraina. Lo ha detto alla riunione del G7 a Stresa e in colloqui privati con la presidente della BCE Christine Lagarde e il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire. Gli ambasciatori dell’UE avevano già concordato di utilizzare i proventi dei beni, per un importo di circa 3 miliardi, ma l’idea della Yellen è di utilizzare tutti i beni congelati, circa 300 miliardi di dollari, come garanzia per generare almeno 50 miliardi.
In precedenza, i funzionari dell’UE, tra cui la Lagarde, avevano messo in guardia dalle conseguenze di una simile mossa. “Passare dal congelamento dei beni alla loro confisca, alla loro cessione [potrebbe comportare il rischio di] sfasciare l’ordine internazionale che si vuole proteggere”, ha dichiarato Lagarde il 3 maggio al Financial Times. “La confisca dei beni russi potrebbe scatenare un’ondata di richieste di risarcimento derivanti da controversie di lunga data, come quelle contro la Germania dopo le due guerre mondiali, nonché da ex colonie che avanzano richieste di risarcimento contro ex potenze imperialiste”, hanno dichiarato al FT altri funzionari dell’UE nell’anonimato.
Non potendo ottenere ciò che voleva – almeno non ora – la Yellen ha minacciato le banche europee di ritorsioni se non chiudono le “scappatoie” delle sanzioni finanziarie contro la Russia. “Come sicuramente saprete, lo scorso dicembre il Presidente Biden ha autorizzato sanzioni secondarie contro gli istituti finanziari stranieri che conducono o facilitano transazioni significative o forniscono servizi che coinvolgono la base militare-industriale russa”, ha dichiarato la Yellen agli amministratori delegati delle principali banche in un incontro a Francoforte il 21 maggio. “Esorto tutti gli istituti presenti ad adottare misure di conformità più severe e a concentrarsi maggiormente sui tentativi di evasione russa. Vi chiedo di garantire che le vostre politiche di conformità alle sanzioni globali siano applicate rigorosamente dalle vostre filiali e consociate all’estero”.
La presunta “sovraccapacità” della Cina è stato l’altro leitmotiv della visita della Yellen. Ciò si è riflesso nel comunicato finale della riunione dei Ministri delle Finanze del G7 tenutasi dal 23 al 25 maggio a Stresa, in Italia. “Rafforzeremo la cooperazione per affrontare le politiche e le pratiche non di mercato e le politiche distorsive, comprese quelle che portano alla sovraccapacità, attraverso un’ampia gamma di strumenti politici e di regole per garantire condizioni di parità a livello globale. (…) Continueremo a monitorare i potenziali impatti negativi dell’eccesso di capacità e prenderemo in considerazione l’adozione di misure per garantire condizioni di parità, in linea con i principî dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). (…) e per promuovere un dialogo con i Paesi terzi su questioni relative alle politiche industriali, alla frammentazione economica, ai rischi di concentrazione del mercato e alla sovraccapacità” (https://home.treasury.gov/news/press-releases/jy2371).
La decisione iniziale di congelare i beni russi all’estero ha scatenato una campagna globale di “de-dollarizzazione”, con i BRICS che discutono di una valuta alternativa per regolare i conti commerciali. Insistere in questa direzione significa minare totalmente la fiducia nella valuta statunitense e accelerarne il declino come valuta di riserva globale, con conseguenze letali per il credito statunitense in tutto il mondo, soprattutto nel contesto di un debito pubblico che sta andando fuori controllo.
Una guerra commerciale contro la Cina con il pretesto di combatterne la “sovraccapacità” vedrà anche gli Stati Uniti e i suoi alleati come perdenti. Pechino ha già minacciato di rispondere pan per focaccia. “Liu Bin, esperto capo del China Automotive Technology & Research Center e vicedirettore del China Automotive Strategy and Policy Research Center, che ha partecipato alla stesura delle politiche per l’industria automobilistica cinese, ha chiesto di aumentare la tariffa temporanea sulle auto importate con motori di grandi dimensioni”, ha scritto il Global Times. “Liu ha anche osservato che, secondo le regole dell’OMC, l’aliquota tariffaria temporanea sui veicoli importati può essere aumentata fino a un massimo del 25% e che qualsiasi decisione della Cina di aumentare l’aliquota è in linea con le regole dell’OMC ed è fondamentalmente diversa dalle mosse protezionistiche di alcuni Paesi e regioni”, ha scritto GT (https://www.globaltimes.cn/page/202405/1312719.shtml).
La tariffa cinese colpirebbe le auto statunitensi, ma anche le auto tedesche di alta gamma, come Porsche, Mercedes (Classe S), Bmw (Serie 7) o Audi (A8).