Il 25 ottobre, Donald Trump ha iniziato il viaggio in un continente asiatico in profonda trasformazione. La prima tappa del Presidente americano è stata la Malesia, sede del vertice USA-ASEAN e paese impegnato a sviluppare le relazioni commerciali con la Cina e a rafforzare i BRICS, di cui è entrato a far parte come partner il 1 gennaio di quest’anno. Trump ha incontrato il primo ministro Anwar Ibrahim e ha anche avuto una discussione molto opportuna con il presidente brasiliano Lula, invitato a partecipare al vertice ASEAN in quanto “partner in dialogo”, che si spera abbia informato il leader americano sui gravi pericoli della sua politica anti-cinese in Sud America.

Da lì, Trump è partito per il Giappone, dove il nuovo primo ministro, Sanae Takaichi, ha già provocato alcuni shock. Nel suo primo discorso al parlamento (Diet Nazionale) il 24 ottobre, ella ha infatti annunciato l’intenzione del suo governo di risolvere la lunga disputa territoriale con la Russia e di raggiungere un trattato di pace con Mosca. Per quanto riguarda la Cina, ha sottolineato la necessità di promuovere “legami costruttivi e stabili” con Pechino e aveva già annunciato, contrariamente alle aspettative, che non avrebbe sostenuto la guerra commerciale di Washington contro il gigante asiatico.

La prossima tappa di Trump sarà Seul, dove è atteso per una visita di Stato. Come abbiamo riferito la scorsa settimana, il presidente sudcoreano Lee Jae-myung, in carica da giugno, spera di migliorare le relazioni sia con la Cina che con la Corea del Nord e sta ora cercando di ottenere una riduzione dei dazi imposti dall’amministrazione Trump.

Ma potenzialmente molto più importante di questa visita sarà il vertice previsto per il 30 ottobre a Seul tra Donald Trump e Xi Jinping, che arriverà in Corea del Sud per partecipare al vertice dell’APEC (Asia Pacific Economic Cooperation). Dopo intensi colloqui tra il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent e il capo negoziatore commerciale cinese Li Chenggang, il 26 ottobre l’americano ha annunciato che era stato raggiunto un “accordo quadro di grande rilievo”, mentre il giorno dopo Li ha dichiarato ai giornalisti che era stato raggiunto un “consenso preliminare”. In base a tale accordo, gli Stati Uniti ritirerebbero la minaccia di imporre una tariffa del 100% sulle esportazioni cinesi, mentre la Cina non attuerebbe un regime di controllo delle esportazioni a livello mondiale e riprenderebbe probabilmente gli acquisti di soia statunitense. Sembra quindi che siano stati compiuti progressi, ma ora spetta ai rispettivi presidenti esaminare le condizioni e prendere le decisioni finali.

Tuttavia, al di là delle considerazioni commerciali e tariffarie, nell’evoluzione dei rapporti tra Stati Uniti e Cina c’è molto di più in gioco per il mondo. A questo proposito, è molto interessante che Papa Leone XIV, nel suo discorso in Piazza San Pietro il 25 ottobre, abbia fatto riferimento agli storici “contributi del cardinale Nicola Cusano”, in particolare al suo concetto di coincidentia oppositorum, o coincidenza degli opposti, come metodo per risolvere i conflitti. Benché il concetto sia poco conosciuto in generale, non è così per chi segue l’EIR e lo Schiller Institute, poiché Lyndon LaRouche ha sostenuto, e Helga Zepp-LaRouche continua a sostenere, questo approccio per tutti gli aspetti dell’agire umano. Sarebbe certamente molto opportuno se i presidenti Xi e Trump lo applicassero nelle loro discussioni di questa settimana.

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