Il 13 marzo la Commissione sull’Intelligence della Camera dei Rappresentanti americana ha annunciato di aver chiuso la sua inchiesta, durata 14 mesi, sulla presunta “collusione o sul presunto coordinamento tra la campagna di Trump e la Russia per influenzare le elezioni presidenziali del 2016”, non avendo trovato alcuna prova a carico. La Commissione continuerà ad indagare invece sulla “collusione” di vari funzionari dell’Amministrazione di Obama nel tentativo di impedire l’elezione di Donald Trump e di minare la sua presidenza. Nell’occhio del ciclone sono ex leader di enti di intelligence, come James Clapper (DNI), James Comey (FBI, nella foto) e John Brennan (CIA), e i loro sottoposti, come il vicedirettore dell’FBI Andrew McCabe (ora licenziato) e l’ex esperto di counterintelligence dell’FBI Peter Strzok. La Commissione sull’Intelligence indaga anche sul ruolo svolto, tra gli altri, dalla consigliera di Obama per la sicurezza nazionale Susan Rice e dalla sua ambasciatrice presso l’ONU Samantha Powers, che hanno richiesto alla NSA intercettazioni telefoniche sulle conversazioni tra diplomatici stranieri e funzionari dell’organizzazione elettorale di Trump, i cui nomi sono stati dati alla stampa in flagrante violazione della legge americana.

Al contempo, prosegue l’inchiesta del Congresso sull’uso illegale del falso dossier contro Trump compilato dall’ex agente dell’MI6 Christopher Steele.

Allo stesso tempo, un gruppo di nostalgici dei giorni di Obama ha formato una nuova organizzazione che si chiama National Security Action (con l’ironico acronimo NSA), che ha dichiarato guerra all’Amministrazione di Trump. Secondo il loro manifesto, il principale crimine di Trump è stato quello di non aver arginato la minaccia agli interessi americani costituita da Russia e Cina. I sessantotto firmatari originali del manifesto sono tutti membri delle Amministrazioni di Obama o vicini ad esse, o che speravano di mantenere il proprio incarico al governo con Hillary Clinton.

I due presidenti della NSA sono Ben Rhodes (consigliere di Obama per la sicurezza nazionale) e Jake Sullivan (vice assistente di Obama e consigliere di Hillary Clinton); tra i membri spiccano Susan Rice, Samantha Power, Penny Pritzker (finanziatrice e in seguito Ministro del Commercio), Michele Flournoy e Tony Blinken. Samantha Power usò la propria posizione all’ONU per attaccare ripetutamente la Russia per l’intervento nella guerra civile siriana che ha contribuito a sconfiggere l’ISIS, mentre Susan Rice fu uno degli architetti della dottrina “Asian Pivot” di Obama contro la Cina.

Gli “azionisti” accusano Trump di “piegarsi di fronte a Mosca” e di essersi rifiutato di “affrontare la Cina”. Lo attaccano anche per aver “aumentato il rischio di un conflitto catastrofico con la Corea del Nord”, ma con loro grande imbarazzo, il loro manifesto è stato scritto prima dei successi diplomatici nel dialogo tra Trump e le due Coree.

Insomma, i sessantottini di Obama difendono lo stesso paradigma geopolitico che si è dimostrato fallimentare.