La banda che ha dato origine al fallito Russiagate ha molti scheletri nell’armadio e altrettanti motivi per essere preoccupata. Non si aspettava di finire essa stessa sotto inchiesta, confidando sul potere di controllare la narrativa dei media specializzati in “fake news”, e presumeva che il Presidente Trump si sarebbe piegato e abbandonato l’idea di rompere con la geopolitica imperiale britannica e le sue guerre perpetue.

Il mantra delle interferenze russe nella “democrazia” americana è sempre più sotto attacco, anche grazie alla persistenza di alcuni veri investigatori, guidati da Bill Binney (foto) e dai suoi alleati nei Veteran Intelligence Professionals for Sanity (VIPS), da taluni congressisti, come Jim Jordan e Devin Nunes e da giornalisti quali Andy McCarthy, Sara Carter e John Solomon, che hanno approfittato dell’orientamento strategico del movimento di LaRouche, che sin dall’inizio sostenne la che furono delle reti dell’intelligence britannica a dare il via al tentativo di golpe contro Donald Trump.

* Il Ministro della Giustizia William Barr ha annunciato la propria intenzione di esaminare le origini dell’inchiesta sul Russiagate. La scorsa settimana ha nominato un Procuratore del Connecticut, John Durham, per indagare su come “sia stato usato il potere del governo per spiare i cittadini americani”. Barr ha aggiunto che cercava “qualcuno che fosse tenace, abituato a esaminare materiale sensibile sulle attività del governo, che avesse la reputazione di essere equo e imparziale”. La scelta di Durham eviterà accuse di essere di parte, perché in passato il magistrato inquirente è stato lodato più volte dai democratici, inclusi due senatori del suo Stato, che durante l’audizione per confermarne la nomina a Procuratore distrettuale nel 2018 lo descrissero come “un inquirente equo, deciso e non incline alle stupidaggini”, che “ha dimostrato in più occasioni le sua capacità in alcuni dei casi più difficili e delicati”.

* Un altro filone d’indagine è stato aperto dal congressista Devin Nunes, che chiede che siano rivelati i rapporti tra i servizi di intelligence occidentali e il provocatore Josef Mifsud, che tentò d’incastrare il volontario dell’organizzazione elettorale di Trump George Papadopoulos. Mifsud, secondo il rapporto di Mueller un “agente russo”, in realtà ha legami profondi con l’intelligence britannica ed è servito per fabbricare la falsa storia degli “hacker russi”. Inoltre, il giornalista Andy McCarthy in un articolo del 6 maggio parla dell’operazione dell’FBI “Crossfire Hurricane”, puntando i riflettori sull’agente Alexander Downer, la cui versione dell’incontro con Papadopoulos fornì a FBI e CIA il pretesto per avviare l’inchiesta sul Russiagate. Al pari di Nunes, McCarthy aveva inizialmente abboccato alla linea “sono stati i russi”; entrambi ora indagano sul ruolo delle reti di intelligence britannica nel fabbricare questa linea di propaganda.

* Ora che la giustizia rivolge la propria attenzione sugli aspiranti golpisti, tra questi ultimi è scattato lo scaricabarile. Ad esempio, l’ex direttore dell’FBI James Comey e i suoi ex complici James Clapper (NSA) e John Brennan (CIA), stanno litigando su chi tra loro sia responsabile di aver usato lo screditato dossier dell’ex agente dell’MI6 Christopher Steele per chiedere un mandato di intercettazione da parte del tribunale del FISA, che portò alle intercettazioni dell’assistente di Trump Carter Page. Il mandato aprì le porte alla sorveglianza della campagna elettorale, che Barr ha definito “spionaggio” durante la sua audizione al Senato. In alcuni commenti di questa settimana, Comey dà la colpa a Clapper e Brennan per aver usato il dossier di Steele, mentre questi ultimi accusano invece Comey di aver averlo fatto.

Questo litigio avviene mentre è stato desecretato un promemoria della funzionaria ad alto livello del Dipartimento di Stato Kathleen Kavalec, nel quale si rivela che la Kavalec informò l’FBI di aver scoperto che si era tenuto un incontro con Steele un mese prima delle elezioni, che il suo dossier non era attendibile e che tuttavia egli stava cercando disperatamente di usarlo per sconfiggere Trump alle elezioni. Nonostante quella comunicazione, Comey approvò l’uso del dossier di Steele per ottenere il mandato del FISA, sostenendo che l’FBI avesse confermato che fosse attendibile e senza citare il fatto che Steele fosse sulla busta paga sia dell’organizzazione elettorale di Hillary Clinton e sia della stessa FBI.