Il Green Deal dell’Unione Europea rischia di fallire a meno che i Verdi non vincano le elezioni politiche in Germania il prossimo settembre, e conquistino il Cancellierato; lo afferma Sven Giegold, portavoce dei Verdi nel parlamento europeo, in una nota agli elettori il 19 aprile. Ai negoziati in corso tra la Commissione dell’UE, il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo, il governo tedesco non solo ha bloccato la proposta di Strasburgo di puntare a una riduzione delle emissioni del 60% invece che del 52%, ma “anche sulla politica agricola e sulle regole per gli investimenti finanziari i ‘bloccatori’ ottengono ciò che vogliono”, scrive Giegold. I principali colpevoli sono, secondo lui, “il governo tedesco con i ministri Scheuer [trasporti] e Altmaier [economia]”.
Allo stato attuale delle cose, la minaccia di veto da parte di numerosi Paesi membri ha fatto sì che gas, nucleare e agricoltura non siano bersaglio delle regole della “Tassonomia” che dovrebbero essere annunciate a giorni, mentre le sovvenzioni per i settori “non carbon-free” non sarebbero state eliminate del tutto, sostiene il leader verde. A suo avviso, ciò “mette a repentaglio l’intero Green Deal”.
Per questo motivo, Giegold chiama alla mobilitazione degli attivisti e dei simpatizzanti verdi per assicurare una vittoria alle elezioni di settembre, vittoria che potrebbe “ribaltare la maggioranza all’interno del Consiglio Europeo” sulla politica climatica. Non sarà troppo tardi, perché solo allora si entrerà nel vivo dei negoziati sui settori specifici, come il prezzo della CO2, regole più rigide per i veicoli a motore, gli edifici e i prodotti chimici.
Mentre Giegold lanciava il suo grido di dolore, la leadership del Partito Verde sceglieva il candidato a Cancelliere, nella persona di Annalena Baerbock (foto), nota per le posizioni radicali non solo contro l’industria ma anche contro la Russia e la Cina. La Baerbock si è dichiarata a favore di sanzioni contro la Cina, su Hong Kong, e contro il gasdotto Nord Stream 2 che, in fase finale di costruzione, dovrebbe portare gas russo alla Germania e all’Europa Centrale.
Per conquistare la guida del governo, però, i Verdi dovrebbero ottenere più voti della CDU/CSU, che attualmente li distanzia di cinque-otto punti. Non è impossibile, dato che finora la CDU/CSU ce l’ha messa tutta per perdere consensi. Al termine di una lacerante discussione interna, è stato nominato candidato Armin Laschet, il presidente del partito di cui parlammo già nel passato, che ha prevalso sul rivale bavarese Söder. L’affermazione della CDU/CSU si gioca tutta sulla battaglia contro la pandemia, che a causa della lenta campagna di vaccinazione e delle chiusure a stop and go ha finora fatto aumentare il malcontento verso il governo e in particolar modo nei confronti del Ministro della Sanità, il democristiano Jens Spahn.
Ma una vittoria della CDU/CSU a settembre non è garanzia di buona politica. Anche se meno radicali dei Verdi, pure i democristiani seguono l’ideologia malthusiana della “transizione ecologica”. Lo scorso febbraio, il Ministero del Tesoro del governo Merkel pubblicava un rapporto intitolato “Shifting the Trillions” (titolo in inglese) di cui abbiamo parlato recentemente (cfr. SAS 9/21). Il corposo documento, come dice il titolo, contiene raccomandazioni su come dirottare migliaia di miliardi dall’economia del carbonio a quella definita a emissioni zero. Comunque si voglia eseguire, questo programma comporterà la trasformazione in senso totalitario di gran parte della società. La Tassonomia verde creerà un’enorme burocrazia indottrinata dall’ideologia dei cambiamenti climatici imputati all’uomo, che potrà disporre della vita e della morte di migliaia di imprese, decidendo chi avrà accesso al credito e chi no. Le ONG diventeranno i mastini del potere verde e, poiché i “diritti umani” fanno parte del catalogo della “sostenibilità”, si preannuncia una marea di denunce e ricorsi legali.
Una fonte con esperienza pluridecennale nelle centrali a carbone ha commentato che, se approvate, le nuove regole decreteranno “la fine della cooperazione con innumerevoli nazioni, in particolare la Cina”. “Come può il piccolo industriale tessile della Westfalia assicurarsi che il tessuto che usa non violi qualche regola lungo la catena produttiva? Diciamo che il tessuto proviene dalla Romania e i rumeni usano il filo prodotto in Myanmar. Che succede se il proprietario dei telai picchia la moglie, suo dipendente, e prende a calci il custode dello stabilimento? E se poi è anche un sostenitore dei generali? Per lui è la fine…”