Il 3 gennaio, i capi di stato e di governo dei cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che sono tutti potenze nucleari, hanno emesso una dichiarazione che afferma, per la prima volta, che “la guerra nucleare non si può vincere e non deve essere mai combattuta”, che le armi nucleari dovrebbero unicamente “servire a scopi difensivi, scoraggiare l’aggressione e impedire la guerra” e che deve esserne impedita la diffusione.

I cinque leader hanno espresso l’intenzione di “continuare a cercare approcci diplomatici bilaterali e multilaterali per evitare gli scontri militari, rafforzare la stabilità e la prevedibilità, aumentare la comprensione e la fiducia reciproche ed impedire una corsa al riarmo che non converrebbe a nessuno, mentre metterebbe tutti in pericolo”.

Questa concertazione tra i leader delle cinque potenze, che avviene nel contesto di crescenti tensioni tra la Nato, da una parte, e Russia e Cina, dall’altra, è un gradito sviluppo. È stata preceduta da un colloquio telefonico di cinquanta minuti tra Biden e Putin, il 30 dicembre. Si spera che questa iniziativa contribuirà ad imbrigliare i furiosi tentativi del “partito guerrafondaio”, noto anche come complesso militare-industriale allargato, per provocare conflitti armati e la guerra in Ucraina e Taiwan.

È lo spirito giusto per animare i tre incontri in programma la prossima settimana per discutere dei temi di sicurezza sollevati da Mosca. Il 10 gennaio, funzionari russi e americani ad alto livello si incontreranno a Ginevra per colloqui bilaterali sul disarmo e sull’Ucraina, seguiti due giorni dopo da una riunione del Consiglio Nato-Russia e, il 13 gennaio, da discussioni tra rappresentanti russi e dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Il 6 gennaio dovrebbero tenersi anche colloqui sull’Ucraina tra funzionari francesi, tedeschi e russi.

Quest’attività diplomatica giunge quasi troppo tardi. Alla pubblicazione, il 17 dicembre, di due bozze di trattato da parte della Russia, uno con gli Stati Uniti e uno con la Nato, ha fatto seguito una serie di avvertimenti da parte di Mosca. In un’intervista alla TV Rossiya-1, il 26 dicembre, Vladimir Putin ha spiegato perché il suo governo esigesse garanzie di sicurezza da parte dell’Occidente. “Desidero che tutti nel nostro Paese e all’estero, i nostri partner, comprendano chiaramente: non si tratta di una linea che non vogliamo venga oltrepassata; si tratta che non c’è spazio per indietreggiare”, ha sottolineato. “Ci hanno spinto su una linea, scusate il mio linguaggio, da dove non si può andare da nessuna parte”. Putin si riferiva alla minaccia della Nato di dispiegare nuovi sistemi missilistici “alla distanza di quattro-cinque minuti” di volo da Mosca.

Il prossimo passo per evitare la guerra dovrebbe essere un vertice tra i capi di Stato e di governo degli stessi cinque membri del Consiglio di Sicurezza, comeMovisol e lo Schiller Institute chiedono ormai da due anni, dal gennaio 2020.

Stiamo andando come sonnambuli verso la guerra nucleare?

Il 31 dicembre lo Schiller Institute ha pubblicato un lungo memorandum che ricostruisce gli ultimi tre decenni di riarmo della Nato contro la Russia. Oggi, nota il documento, le forze geopolitiche in occidente usano l’Ucraina “come innesco di uno scontro strategico con la Russia”, che potrebbe ben finire in una guerra termonucleare “che nessuno vincerebbe e a cui nessuno sopravviverebbe.”

Le condizioni poste da Mosca nelle due bozze di trattato non sono né inaccettabili né irrazionali, nota il memorandum, e sono fondamentalmente “le stesse garanzie verbali che furono date all’Unione Sovietica nel 1990 da parte degli sleali governi Bush e Thatcher, garanzie che da allora sono state sistematicamente violate”. La cronologia del memorandum le elenca tutte. https://schillerinstitute.com/blog/2021/12/24/