A partire dal 15 gennaio 2020, quando Trump firmò la “Fase Uno” dell’accordo commerciale con la Cina, i neocon e i loro alleati hanno fatto il possibile per guastare i rapporti bilaterali. Recentemente hanno cominciato a usare il coronavirus come casus belli. Al centro della campagna troviamo agenti dell’intelligence britannico e della City di Londra, come la Henry Jackson Society.
Ora, la questione di “chi sia debole con la Cina” minaccia di diventare uno dei temi principali della campagna presidenziale negli Stati Uniti. La squadra di Biden ha iniziato a produrre video con Trump che parla bene della Cina, per accusarlo di permettere a Pechino di farla franca sulla pelle degli americani. È vero che Trump ha spesso lodato la Cina, per esempio su twitter.com il 24 gennaio, quando scrisse che gli Stati Uniti d’America “apprezzano i suoi sforzi e la sua trasparenza”, o il 23 febbraio, allorché scrisse che il Presidente Xi “lavora molto” e “sta facendo un buon lavoro”.
Ma con l’aumento delle pressioni esercitate dalla sua stessa Amministrazione e dai presunti sostenitori di Fox News, Trump ha fatto capire che è in corso un’indagine sulla possibilità che Pechino abbia nascosto informazioni sulla pandemia, deliberatamente o erroneamente. I campioni di questa isteria anti-cinese alimentata da Fox News sono l’ex collaboratore di Trump Steve Bannon, il delegato commerciale Peter Navarro (che promuove lo slogan “China lied, People died”) e il Segretario di Stato Mike Pompeo, che sostiene l’esistenza di “enormi prove” che i cinesi “nascondano e offuschino” la verità. Ha accusato la Cina di “continuare a rappresentare una minaccia per il mondo”, ma ha detto di non poter mostrare le prove in suo possesso.
D’altro canto Anthony Fauci, capo dei consiglieri di Trump sul Covid-19, ha ripetutamente confutato la tesi che il coronavirus sia stato prodotto nel laboratorio di virologia di Wuhan, per ultimo in un’intervista pubblicata il 5 maggio su National Geographic. Il direttore del programma di emergenza dell’OMS, il dott. Mike Ryan, e altri suoi colleghi hanno dichiarato che l’istituzione non ha mai visto prove di un’origine artificiale del virus.
Una delle più diffuse fake news, secondo la quale i servizi d’intelligence dei Five Eyes (USA, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda) avrebbero compilato “un dossier di 15 pagine” che accusava la Cina di aver nascosto le notizie, è stata ora smontata. La notizia era apparsa sul Daily Telegraph australiano il 2 maggio.
Sia l’intelligence australiano sia quella britannico hanno smentito la notizia in un articolo pubblicato sul Guardian il 5 maggio. Werner Sczesny, presidente del servizio informazioni della Germania (BND), ha dichiarato ad alcuni membri della Commissione Esteri del Parlamento che i partner dei Five Eyes contattati non avevano conoscenza di tale dossier, aggiungendo che potrebbe essersi trattato di uno sbaglio o “di una fake news mirata”.