Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un crescendo della retorica antirussa e, meno marcatamente, di quella avversa alla Cina, impiegata dagli ambienti transatlantici che hanno trovato il culmine della propria azione nell’occasione della tradizionale Conferenza di Monaco di Baviera sulla Sicurezza. Si può soltanto presumere che lo scopo di questa propaganda sia la creazione di un casus belli atto a motivare una corsa alle armi e a preparare i popoli a nuovi conflitti e guerre. Due focolai di guerra sono, naturalmente, l’Ucraina, il cui governo prepara un’invasione armata della regione del Donbass, e la Siria, il cui governo è nuovamente accusato di aver impiegato armi chimiche contro la popolazione inerme della regione detta Ghouta Orientale.

Il 22 febbraio la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha prospettato la possibilità che l’UE intervenga contro le forze armate di Assad e ha auspicato un aumento di pressioni sugli alleati di Damasco, l’Iran e la Russia, affinché cessino le violenze. Ha rincarato la dose Il Presidente francese Macron, minacciando di bombardare la Siria, qualora il governo usasse armi chimiche contro i civili, ma naturalmente si può discutere sul significato di questo “se”.

Le voci provenienti da Washington sono assai divergenti tra loro. Il Presidente americano Trump, contrariamente al suo Ministero degli Esteri, ha sottolineato durante una conferenza per la stampa del 23 febbraio che il solo scopo delle forze armate in Siria deve essere la neutralizzazione dell’ISIS e degli altri jihadisti, prima di “tornare a casa”. Il suo Segretario alla Difesa James Mattis, da parte sua, aveva ammesso il 22 febbraio che il Pentagono è privo di prove dell’impiego di armi chimiche da parte dei militari fedeli ad Assad.
Durante la medesima conferenza stampa, Trump ha risposto su Pechino che “i nostri rapporti con la Cina non sono mai stati migliori”, anche se “ci stanno mettendo in ginocchio a livello commerciale”. Ha proseguito, spiegando che il deficit commerciale è così grande a causa dei suoi predecessori alla Casa Bianca, i quali hanno “lasciato che ciò accadesse”.

Toni assai differenti sono stati espressi da altri funzionari del governo americano. Per esempio dall’ambasciatrice presso l’ONU Nikki Haley, legata a molti think-tank neoconservatori o neoliberisti di Washington e di alcune capitali europee, che continuano a soffiare sul fuoco, sostenendo il modello unipolare del mondo, il vecchio paradigma, la vecchia visione del mondo. Concretamente, ciò significa sostenere l’innesco di nuovi conflitti e di nuove operazioni di “cambio di regime”.

Il generale tedesco Harald Kujat, l’ex ispettore generale della Bundeswehr, ha ammonito recentemente contro il pericolo di una “guerra nucleare per errore”, mentre altri esperti avvertono che la crescente adozione di tecniche di intelligenza artificiale, di elaborazione elettronica, di guerra cibernetica, di pirateria informatica, ecc. ha aumentato in modo significativo il rischio di un conflitto armato innescato da calcoli errati.

Il Ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov (nella foto con Tillerson), parlando a Monaco di Baviera alla citata conferenza, ha chiesto una nuova architettura internazionale per la sicurezza, coinvolgente tutte le massime potenze. Come ha fatto notare Helga Zepp-LaRouche il 24 febbraio, questo “è il bisogno più urgente nel breve periodo, considerata la quantità di conflitti in corso che possono sfuggire di mano”.