A cinque mesi dalle elezioni presidenziali francesi, si sparigliano le carte. Fino allo scorso settembre si è creduto che al ballottaggio sarebbero andati Emmanuel Macron e Marine Le Pen (che si è lasciata alle spalle la retorica anti-UE e ora propone che la Nato diventi un gendarme internazionale contro il fondamentalismo islamico). Tuttavia, da allora la grancassa mediatica suona per l’“outsider” Eric Zemmour, giornalista di Le Figaro, autore e commentatore politico incendiario che sfrutta il crescente sentimento popolare di insicurezza economica e sociale per promuovere l’agenda di gruppi potenti dell’establishment francese e dell’oligarchia angloamericana.
Ancor prima di annunciare ufficialmente la propria candidatura, la popolarità di Zemmour è quasi raddoppiata in meno di un mese, passando dal 7 al 13%, superando quella di Marine Le Pen. I conservatori inglesi ne invidiano l’ascesa, come testimonia un articolo del New Statesman, che recentemente titolava: “Eric Zemmour mangia viva Marine Le Pen”. “I tentativi di cancellarlo e demonizzarlo falliscono miseramente”, scriveva, notando come il suo nuovo libro abbia venduto 200mila copie in una settimana.
Dagli Stati Uniti, il finanziere e populista Steve Bannon vuole pubblicare i libri di Zemmour in inglese. Egli ha dichiarato a Le Parisien, il 13 novembre, che se “guardiamo a Trump, Bolsonaro o Salvini, sono tutti uomini d’azione. Con Zemmour, si unisce un intellettuale al dibattito (…) Nella primavera del 2022 gli occhi del mondo saranno puntati sul grande dibattito in Francia, che sarà un dibattito su globalizzazione e sovranismo.” Ciò avrà un impatto diretto, crede Bannon, su tutto il mondo e più specificamente sulle elezioni di metà legislatura a novembre negli Stati Uniti. Con questo calcolo politico in mente, Bannon ha annunciato al giornale francese che nel gennaio prossimo lancerà una versione francese del suo podcast The War Room.
In Francia l’“intellettuale” islamofobo Zemmour è promosso dal miliardario Vincent Bolloré, principale azionista del gigante mediatico Vivendi. Secondo un servizio giornalistico pubblicato il 16 novembre su Le Monde, dietro l’improvvisa ascesa di Zemmour ci sarebbe il “desiderio di vendetta” covato da mesi da Bolloré, il quale crede che Emmanuel Macron abbia facilitato la presa di controllo del gruppo mediatico Lagardère, che faceva gola al patron di Vivendi, da parte di Bernard Arnault, il potente capo di LVMH, leader del lusso mondiale.
Zemmour, “con cui parla al telefono ogni giorno e la cui ossessione identitaria e anti-Islam colonizza il dibattito”, è diventato l’opzione nucleare di Bolloré. Dopo avergli messo a disposizione il canale televisivo Cnews, l’audience è triplicata. L’articolo dice anche che Bolloré intende creare un pensatoio dedicato alla “difesa dell’identità francese”, opposto al “neo-femminismo e alla messa in discussione del ‘maschio tradizionale’”. Bolloré ha “cominciato a credere alla famosa ‘guerra di civiltà’ di cui parla Zemmour”.