Poiché il numeroso personale ai suoi ordini non è riuscito a trovare alcuna prova di legami tra il team di Trump e la Russia, l’inquirente speciale Robert Mueller si sta arrampicando sugli specchi e minacciando il Presidente di emettere un mandato di comparizione in caso di rifiuto da parte sua di rispondere a un elenco di quasi cinquanta domande. Una parte di esse è stata convenientemente fatta trapelare dal New York Times, che l’ha pubblicata il 30 aprile. Esse riguardano gli affari di Trump in Russia, se egli fosse a conoscenza di contatti della sua organizzazione elettorale in Russia, ecc.; ma tra di esse si trovano anche le domande trabocchetto sul licenziamento del direttore dell’FBI Comey, sulle minacce di licenziare lo stesso Mueller o sui difficili rapporti del Presidente col Ministro della Giustizia Sessions. Trump ha giustamente osservato che è un tentativo di incastrarlo.

Tuttavia, Mueller è finito sotto attacco anche da parte della magistratura. Per esempio, il giudice distrettuale T.S. Ellis III, che presiedeva un’udienza relativa al caso di Mueller contro Paul Manafort, l’ex manager dell’organizzazione elettorale di Trump, ha accusato la squadra di Mueller di aver assunto “poteri illimitati” e di perseguire Manafort nella sola speranza di ottenere informazioni che portassero a una possibile incriminazione di Trump.

Il tema affrontato era l'”ambito” in cui si doveva muovere l’inchiesta di Mueller. Ellis ha espresso forte preoccupazione per il fatto che il procedimento contro Manafort includeva materiale ricavato da un’inchiesta del Dipartimento di Giustizia risalente al 2005, che nulla aveva a che fare con la campagna elettorale di Trump e la Russia. Quando il procuratore Dreeben, dello staff di Mueller, ha sostenuto di aver ricevuto “ampia autorità” dal Viceministro della Giustizia Rosenstein nella lettera con la quale, nel maggio 2017, nominava Mueller, e che alcune parti del memorandum dovevano rimanere segrete per ragioni di “sicurezza nazionale”, il giudice lo ha deriso, esclamando “come on, man!”, e ordinandogli di fornire il testo completo, incensurato, del memorandum entro due settimane.

Il noto avvocato dei diritti civili Alan Dershowitz ha apprezzato la condotta del giudice Ellis in un’intervista per Fox News il 4 maggio. Mueller e James Comey trattano il Presidente degli Stati Uniti come se fosse un boss della mafia, ha osservato, cercando di intimidire i subalterni e far rilasciare loro dichiarazioni a carico di Trump promettendo di lasciarli in pace.

Inoltre, due autorevoli membri dei VIPS (Veteran Intelligence Professionals for Sanity), Ray McGovern e Bill Binney, hanno scritto che le domande formulate da Mueller costituiscono un’ammissione che l’inchiesta “è arrivata a un punto morto”.

Un’ulteriore indicazione del disorientamento nel campo Comey-Mueller-FBI sono le dimissioni di due dei principali partecipanti all’assalto contro Trump: James A. Baker, confidente di Comey e capo dei consiglieri legali dell’FBI, che si sospetta abbia passato informazioni segrete ai media, e Lisa Page, consigliera di Andrew McCabe scoperta dall’ispettore del Guardasigilli Horowitz a scambiare SMS anti-Trump con un altro membro del team legale, suo amante, Peter Stzok. Page e Baker si sono dimessi il 4 maggio (foto ufficiale della Casa Bianca, di Andrea Hanks).