Il 12 gennaio scorso, l’ex ambasciatore greco Leonidas Chrysanthopoulos inviò una lettera alla Commissione Europea esigendo il risarcimento dei danni per il taglio del 60% della pensione, come conseguenza della politica di austerità imposta dall’UE alla Grecia. La Commissione ha risposto solo l’8 maggio, quattro mesi dopo, quando Chrysanthopoulos ha pubblicato la propria lettera sui media internazionali, denunciando il fatto che non aveva ottenuto risposta. Secondo alcuni osservatori, la Commissione avrebbe reagito in particolare alla versione italiana, pubblicata sul sito movisol.org, stilando una lunga lettera e inviandola a Chrysanthopoulos lo stesso giorno.

L’ex ambasciatore greco ha accusato la Commissione di aver violato l’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea e l’art. 1 della Carta dei Diritti Fondamentali che riguarda il diritto alla dignità umana e ha invocato l’art. 41.3 della stessa Carta, che recita: “Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni conformemente ai principî generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri”.

Nella risposta a scoppio ritardato, Paul Kutos, a nome del Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, ha difeso la politica di austerità, affermando che “la Grecia ha completato con successo il programma ESM nell’agosto 2018 e sta tornando alla crescita economica”. La Commissione non avrebbe agito d’arbitrio ma avrebbe applicato le regole e “dissente con la Sua affermazione secondo cui la riduzione della Sua pensione violerebbe l’art. 2 TEU e l’art. 1 della Carta”.

Il portavoce di Juncker sottace il fatto che i tagli sociali sono serviti a salvare le grandi banche internazionali, ma sostiene che “la decisione di riformare il sistema pensionistico greco e renderlo sostenibile serve uno scopo di interesse generale”.

La risposta della Commissione ignora completamente le prove della responsabilità di Bruxelles addotte dall’ambasciatore, tra cui le dichiarazioni del Commissario Moscovici e dell’ex presidente dell’Eurogruppo J. Disselbloem, che ammise che la riforma pensionistica fu un errore e che la Commissione dell’UE ne reca la responsabilità.

Rispondendo il 10 maggio a Juncker, l’ambasciatore greco gli ricorda che “solo il 20% dei fondi destinati alla Grecia sono arrivati al nostro paese, il restante 80% è andato direttamente ai prestatori.

In particolare, Chrysanthopoulos aveva fatto riferimento a quanto scritto dallo stesso Moscovici il 20 agosto 2018 sul suo blog: “L’impianto dei tre programmi di assistenza consecutivi [per la Grecia] era imperfetto” e certe posizioni “hanno portato l’Eurogruppo ad adottare riforme, in particolare quelle sulle pensioni che sarebbero entrate in vigore nel 2019, che secondo me erano troppo dure. Otto anni di crisi è un periodo troppo lungo. I politici hanno qualche responsabilità e io accetto la mia parte di essa… dobbiamo riconoscere che le misure adottate erano talvolta intrusive e che questi funzionari hanno avuto una grande influenza sul processo”. Moscovici ha persino ammesso che “fu l’Eurogruppo a prendere la decisione finale, senza alcun controllo democratico”.

La storia non finisce qui. L’ambasciatore Chrysanthopoulos ha sottolineato che non è tanto il danno finanziario – anche se si tratta di cinquantamila euro – ma la questione di principio che gli sta a cuore, e ha annunciato una dura risposta alla lettera della Commissione.