Subito dopo l’annuncio che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva fatto cadere le accuse contro il generale Michael Flynn, Trump ha dichiarato: “Da quello che ho capito v’è dell’altro”, aggiungendo, in modo provocatorio, “soprattutto per quanto riguarda il presidente Obama”.
Mentre emergono sempre più prove che dimostrano la palese corruzione di taluni funzionari ad alto livello dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia (DOJ), coinvolti nel procedimento penale contro Flynn, si specula su chi potrebbe essere il prossimo a essere denunciato per aver partecipato alla montatura giudiziaria contro l’alto ufficiale, che per un breve periodo è stato consigliere di sicurezza nazionale di Trump. Oltre all’ex direttore dell’FBI James Comey, nell’elenco sono il direttore della CIA di Obama, John Brennan, e il direttore della National Intelligence, James Clapper. Tra gli altri nomi che circolano sono l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice, l’ex vicepresidente Joe Biden e lo stesso Barack Obama, in quanto gli SMS e i promemoria dell’FBI riportano che l’allora Presidente desiderava essere aggiornato sull’indagine, avviata dopo che Donald Trump aveva ottenuto la nomina repubblicana.
Flynn, ex direttore della Defense Intelligence Agency, era stato licenziato da Obama nell’agosto 2014, dopo aver criticato la risposta dell’Amministrazione Obama all’espansione dell’ISIS. In un commento del 9 luglio 2016 sulle ragioni del suo licenziamento, Flynn ebbe a dire di ritenere che “il sistema di intelligence era troppo politicizzato”.
La recente divulgazione di documenti relativi al suo caso e al Russiagate in generale, conferma che aveva ragione. La ragione ufficiale addotta dal Dipartimento di Giustizia per abbandonare il caso Flynn è che il suo interrogatorio da parte dell’FBI, che portò all’accusa di aver rilasciato dichiarazioni false, era “ingiustificato dall’… indagine di controspionaggio”. In effetti, l’FBI aveva abbandonato il caso il 4 gennaio 2017 per mancanza di prove. Ma Peter Strzok, che ha diretto l’indagine sull'”ingerenza” russa nelle elezioni del 2016, insistette affinché il caso Flynn venisse riaperto, partecipando poi all’interrogatorio di Flynn il 24 gennaio, e lui e la sua amante Lisa Page riscrissero il rapporto sull’interrogatorio, che accusava Flynn di mentire, dopo che il rapporto originale era “scomparso”.
D’altro canto, la riprova che la narrativa del Russiagate sia stata fabbricata come complotto per destituire Donald Trump è fornita dalla pubblicazione delle trascrizioni di 53 audizioni condotte dalla Commissione Giustizia della Camera dei Rappresentanti. Tra le più schiaccianti, quella di Shawn Henry, amministratore delegato di CrowdStrike, l’unica azienda che aveva accesso ai calcolatori del Democratic National Committee (DNC), che sarebbero stati violati dai “russi”. Ma Henry ammise, nell’audizione del dicembre 2017, che CrowdStrike non aveva alcuna prova che le e-mail del DNC fossero state violate o sottratte dalla Russia. Inoltre, nelle audizioni, sia Brennan sia Clapper avevano ammesso la mancanza di prove.

Non c’è da stupirsi se il presidente della Commissione Giustizia Adam Schiff, mosca cocchiera nella corsa all’impeachment del presidente Trump, abbia bloccato la divulgazione di quelle stesse trascrizioni dal settembre 2018! Quel “c’è dell’altro” sta senza dubbio provocando il panico tra i congiurati del colpo di stato.