Una settimana prima del Forum Belt and Road (BRI) a Pechino, l’edizione in lingua inglese di China Daily USA ha citato l’appello di Helga Zepp-LaRouche a Trump a partecipare personalmente all’evento. L’articolo di Wang Linyan, datato 5 maggio, era intitolato “Trump incoraggiato a partecipare al Forum Belt-Road” (vedi http://usa.chinadaily.com.cn/epaper/2017-05/05/content_29219579.htm).

“La cosa migliore sarebbe se il Presidente Trump partecipasse di persona al Forum Belt and Road a Pechino” è l’affermazione della signora LaRouche citata dal quotidiano cinese. “La seconda cosa migliore sarebbe un vertice personale tra lui e il Presidente Xi Jinping immediatamente dopo, in Cina”.

Nell’intervista, la presidentessa dello Schiller Institute sottolinea i molteplici benefici che trarrebbero gli Stati Uniti dall’adesione alla “gigantesca dinamica” che si sta sviluppando intorno al “più grande” programma infrastrutturale della storia. “Solo se gli Stati Uniti aderiranno a questa iniziativa sarà possibile superare la geopolitica, che è stata la causa di due guerre mondiali nel XX secolo. Non appena le forze istituzionali negli Stati Uniti riconosceranno che partecipare a questa iniziativa va nell’interesse dell’industria americana, dei posti di lavoro e della società in generale, potremo evitare una potenziale trappola di Tucidide o una guerra causata da punti caldi nel mondo”.

Se i cinesi contribuiranno alla costruzione di infrastrutture negli Stati Uniti questo “rilancerebbe l’economia americana”, dice la signora LaRouche a Wang Linyan. Oltre agli investimenti bilaterali, le due nazioni partecipino a joint venture in tutto il mondo, ha osservato.
La pubblicazione di questa intervista alla signora LaRouche in un organo ufficiale cinese viene letta da ambienti influenti negli Stati Uniti come un intervento chiave nel dibattito sull’altra sponda dell’Atlantico. L’establishment neoconservatore e di Wall Street è sul piede di guerra contro Trump per i buoni rapporti e la cooperazione avviati con Xi Jinping.

Ci sono molti tentativi di spiegarli con la solita linea geopolitica, come ha fatto il New York Times il 3 maggio, presentandoli come una semplice tattica per accattivarsi il Presidente cinese in modo che eserciti pressioni sulla Corea del Nord. Quanto al Financial Times, un articolo del 4 maggio di Tom Hancock liquida il progetto “One Belt, One Road” come uno schema geopolitico, il cui unico scopo è generare la crescita interna.

Ma il paradigma win-win è qualcosa di completamente diverso, come notava il 27 aprile un editoriale di Xinhua, che è stato tradotto in varie lingue per la massima circolazione. “Per un mondo occidentale che abbraccia la concorrenza, non è facile comprendere il modo di pensare cinese che chiede armonia, stabilità e la cooperazione win-win” scrive il direttore Zhang Jianfeng.

Riguardo all’imminente forum del 14-15 maggio, Zhang ricorda ai media occidentali che “sottolineano l’assenza di alcuni leader occidentali” che “l’iniziativa non è un club di élite per Paesi occidentali, ma serve soprattutto ai Paesi in via di sviluppo. È un circolo di amici, con la presenza di rappresentanti di oltre 100 Paesi”.