L’accordo raggiunto dal Consiglio Europeo all’alba del 21 luglio, dopo quattro notti di negoziati, è stato pomposamente, ma verosimilmente, presentato come la prima pietra nella costruzione del superstato europeo; tuttavia esso non ha risolto alcuna delle urgenti crisi che affliggono l’Unione. I problemi (l’emergenza sanitaria, la crisi economica, la disoccupazione e il crollo finanziario) che hanno causato uno scontro senza precedenti tra gli stati membri esploderanno nei prossimi mesi, molto prima che arrivino i soldi del “Next Generation”, il piano dell’UE (NGEU).
Infatti, i fondi del NGEU arriveranno al più presto a metà 2021 e saranno elargiti col contagocce: troppo tardi e troppo poco per stimolare una ripresa. Inoltre, il consenso dei paesi nordici è stato di fatto comprato, con gli sconti concessi sui versamenti al bilancio UE. L’Olanda, leader del gruppo, ha ottenuto uno sconto di 1,9 miliardi che ammonta a una riduzione del 78% della posizione olandese (attualmente l’Olanda è un pagatore netto). Simili sconti sono stati concessi a Svezia (1,069 miliardi), Austria (565 milioni), Danimarca (377 milioni) e persino alla Germania (3,671 miliardi).
Queste bustarelle sono il compenso per aver accettato una parte sostanziosa di aiuti a fondo perduto (390 miliardi) sui complessivi 750 miliardi di cui dovrebbe essere dotato il NGEU, da elargire ai paesi maggiormente colpiti dalle conseguenze della pandemia, come Italia e Spagna.
Tuttavia, il NGEU consiste di molto fumo e poco arrosto. L’economista Michele Geraci ha fatto qualche calcolo, giungendo alla conclusione che dei favolosi 80 miliardi promessi all’Italia, il guadagno netto del nostro paese sarebbe solo di 23 miliardi. Sulla carta, all’Italia spetterebbe un generoso 20,4% dei 390 miliardi di aiuti, che fa 80 miliardi appunto. Ma bisogna sottrarre la quota italiana nel NGEU; 50 miliardi corrispondenti ad una capital key del 12,8%. Inoltre, il costo degli sconti, che vanno compensati dagli altri membri UE, è per l’Italia di 7 miliardi. Secondo questo calcolo approssimato, la somma totale netta degli aiuti spettanti all’Italia è 23 miliardi spalmati su sette anni, che fa 3,3 miliardi all’anno. Briciole, se si considera che l’Italia ha piazzato mensilmente titoli per tre-quattro volte quella cifra negli ultimi mesi.
A questo punto, alla luce delle condizioni politiche ed economiche legate agli aiuti (“riforme strutturali” e severo monitoraggio dei conti) è legittimo chiedersi se il gioco valga la candela, a maggior ragione quando l’accordo vincola gli aiuti agli investimenti nella “agenda verde” improduttiva della Commissione Europea.
Visto da questa e altre angolazioni, salta agli occhi la natura politica dell’accordo firmato il 21 luglio. Il NGEU rappresenta il primo passo nella creazione del superstato europeo su due fronti: 1. Spostare il debito pubblico dai creditori nazionali a quelli internazionali (di fatto un salvataggio del settore finanziario speculativo) e dal debitore nazionale a quello sovrannazionale (l’UE); 2. Dotare la Commissione Europea di poteri di tassazione diretta, finora prerogative degli stati ad eccezione dei proventi dei dazi europei. Per cominciare, l’UE introdurrà una tassa sulla plastica, seguita da una sulle emissioni applicata al trasporto aereo e marittimo, annunciate nelle Conclusioni Finali del vertice (https://www.consilium.europa.eu/media/45109/210720-euco-final-conclusions-en.pdf).
Il pensiero al riguardo negli ambienti UE è stato chiaramente espresso da Joerg Kraemer, economista capo della Commerzbank, il quale ha messo in risalto il “cambiamento fondamentale” avvenuto al vertice. “Per la prima volta l’UE può emettere debito in grande stile sui mercati dei capitali”, ha dichiarato Kraemer. “Non si tratta di una tantum. Se ci sarà un’altra grave recessione o se richiesto dalle nuove sfide come i cambiamenti climatici, è possibilissimo che l’UE emetterà nuovamente debito su vasta scala” (enfasi nostra).
https://www.spiegel.de/wirtschaft/eu-corona-gipfel-oekonomen-sehen-historischen-paradigmenwechsel-a-32cc9186-b2f0-46f3-8317-1f81680a6c1c

(Nella foto l’ex sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci al convegno “L’Italia sulla Nuova Via della Seta” tenuto da MoviSol e Regione Lombardia a Milano nel marzo 2019).