Nel novembre scorso il governo turco ha firmato un protocollo d’intesa col governo di accordo nazionale di Tripoli in Libia (GNA) sulle acque territoriali e sulla sicurezza. Questo ha portato a una mozione presso il Parlamento turco che autorizza Erdogan a inviare truppe e attrezzature militari al GNA. Il 5 gennaio Ankara ha annunciato l’inizio del “dispiegamento graduale” del contingente militare turco in Tripolitania.
Il GNA, che controlla solo Tripoli e sobborghi, è sostenuto dal Qatar e da una affiliata libica della Fratellanza Musulmana, che l’Egitto definì un’organizzazione terroristica nel 2013 e che è controllata da Londra. Quasi tutta la Libia è controllata invece dal LNA, guidato dal gen. Khalifa Haftar, e dal Parlamento libico, che si è spostato da Tripoli a Bengasi sotto la protezione del LNA. Quest’ultimo sta assediato a Tripoli, che il gen. Haftar intende conquistare. Anche se il GNA è un governo riconosciuto internazionalmente, Haftar e il suo governo ad interim vengono riconosciuti come una opposizione legittima con cui bisognerebbe arrivare a un accordo negoziato da Russia, Egitto, Stati Uniti e ONU.
Secondo i media turchi, armi e munizioni sono già state trasportate per via area a Tripoli e la Divisione Sultano Murad, i mercenari turchi che la Turchia sostiene in Siria contro il governo di Assad, è stata trasportata per via aerea in Libia. Stando al giornalista Mehmet A. Kancı, che scriveva per l’agenzia turca Anadolu Agency il 24 dicembre, questa operazione è parte della nuova strategia geopolitica di Erdogan di costruire un'”area di difesa” che va dalla parte occidentale e meridionale di Creta al Qatar, dove c’è il quartier generale del Comando della Forza Congiunta Turchia-Qatar che sorveglia lo Stretto di Hormuz nel Golfo Persico, e giù fino alla Somalia dove, a Mogadiscio, ha sede il Comando della Task Force Somalo-Turca a Mogadiscio. Un nuovo collegamento è ora la Libia, dove la Turchia intende costruire una base militare.
Tuttavia, l’autoproclamata “area di difesa” espone la Turchia ad attacchi. Il 28 dicembre c’è stato un attentato con un’autobomba a Mogadiscio, rivendicato dal gruppo terroristico Al Shabaab, che ha colpito interessi turchi, uccidendo 90 persone. All’inizio di dicembre il governo eritreo ha accusato Ankara e Doha di sostenere tentativi di destabilizzazione dei rapporti tra Eritrea ed Etiopia, ristabiliti di recente e che avevano portato a una politica di cooperazione economica.
Kemal Kılıçdaroğlu, leader del Partito Popolare Repubblicano, principale forza di opposizione turca, aveva esortato il governo a non intervenire in Siria a suo tempo, ed ora in Libia, lasciandosi trascinare così in una “melma” di terrorismo e guerre per procura. Un monito che è stato confermato dai fatti.