L’incontro annuale del World Economic Forum, che si è tenuto dal 15 al 19 gennaio, si è svolto secondo le consuete modalità: da una parte un circo pubblico per fornire materiale per i titoli e le immagini dei media e, dall’altra, un livello non pubblico di discussioni per deliberare azioni nell’interesse degli “stakeholder” del WEF, cioè l’élite miliardaria che gestisce il sistema finanziario globale.
Sul piano pubblico si sono esibiti il Segretario di Stato americano Tony Blinken, l’immancabile Volodymir Zelensky, il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg (foto) e molti altri. Mentre la credibilità americana crolla a livello globale, come testimoniano le recenti votazioni dell’ONU su Gaza, Blinken ha sostenuto che il mondo implora la leadership statunitense: “Vogliono gli Stati Uniti. Ci vogliono presenti, ci vogliono al tavolo, ci vogliono alla guida”. Stoltenberg ha svolto il compito di attaccare Pechino, che gli era stato assegnato, sostenendo che la presenza della Cina in Africa sarebbe una minaccia per la sicurezza della NATO. Zelensky ha presentato una “proposta di pace” di fronte ai rappresentanti di 88 nazioni, contenente quelle che sa bene siano condizioni impossibili: il ritiro delle truppe russe ai confini del 1991, il pagamento di risarcimenti da parte della Russia e l’assunzione di responsabilità da parte di quest’ultima. Queste condizioni dimostrano che Kiev non fa sul serio e, come sanno bene i diplomatici occidentali, se la Russia si ritirasse dal Donbass, i nazionalisti ucraini maciullerebbero la popolazione russa che ci vive.
Quanto all’agenda nascosta, si può avere un’idea di ciò che gli autori della strategia del “Grande Reset” stanno architettando leggendo tra le righe dell’agenda dell’incontro. Il motto di quest’anno era “Ricostruire la fiducia”, cosa di cui avrebbero certamente bisogno, vista la crescente rivolta contro i loro progetti in tutto il mondo. Per citare un giornalista investigativo, essi intendono “trovare il modo di censurare e mettere a tacere chiunque non sia d’accordo con noi”. Non a caso, secondo l’esperto italiano di media Alberto Contri, la stessa presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha deciso di affrontare i problemi della disinformazione e della polarizzazione. Questo spiega perché i media mainstream hanno censurato massicciamente la rivolta degli agricoltori tedeschi e continuano a nascondere le rivolte in altri Paesi europei: https://www.ilsussidiario.net/news/caos-germania-la-protesta-censurata-degli-agricoltori-fa-tremare-davos-e-bruxelles/2647966/.
Così, con l’aiuto dei media, l’élite di Davos ha rinnovato l’impegno ad attuare la propria politica: scontro con Russia e Cina, riarmo, salvataggi finanziari e deindustrializzazione guidata dalla transizione verde. Se tutto questo provoca un collasso economico, vi verrà detto che il collasso non è causato dall’uomo, ma è un fenomeno naturale, come hanno dichiarato il capo della BCE Christine Lagarde e il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Intervenendo a una tavola rotonda nella giornata conclusiva del Forum, Lagarde ha osservato che molti Paesi – compresi quelli dell’UE – hanno iniziato a privilegiare la “sicurezza” rispetto all'”efficienza” nei loro rapporti commerciali, il che potrebbe causare “costi più elevati a lungo termine”. Quanto a Lindner, ha dichiarato: “Per me non è una normalizzazione, è una nuova normalità a cui dobbiamo essere preparati”.