La buona notizia delle elezioni del 26 settembre in Germania è che i Verdi hanno subìto una forte sconfitta rispetto all’obiettivo prefissato, che era quello di diventare il primo partito e di conseguenza rivendicare il cancellierato. Secondo i sondaggi, gli elettori hanno dato ai temi sociali, economici e del lavoro la precedenza rispetto ai cambiamenti climatici.
Così, la SPD, percepita come il partito più competente sui temi sociali, è arrivata prima col 25,7% dei voti. La CDU-CSU è scesa al 24% (un crollo di quasi il 9%), seguita dai Verdi col 14,8% e dai liberali dell’FDP con l’11.5%. Si prevede che i negoziati per formare un nuovo governo di coalizione saranno lunghi e difficili.
Il candidato socialdemocratico Olaf Scholz sembra essere nella posizione migliore per prendere il posto di Angela Merkel, ma per farlo avrà bisogno di formare una coalizione che gli dia una comoda maggioranza nel nuovo parlamento (Bundestag). La combinazione più probabile è quella con i Verdi e l’FDP, nonostante le marcate differenze politiche. Se questa dovesse fallire, Scholz potrebbe tentare una coalizione tripartita con l’FDP e la CDU-CSU, escludendo i Verdi. Tuttavia, essendo in un certo senso entambi aghi della bilancia, ci si aspetta che i Verdi e l’FDP riescano ad accordarsi per rimanere in gioco.
Se Scholz fallisse, il candidato democristiano Armin Laschet avrebbe ancora una chance, anche se piccola, per formare una coalizione tripartita con Verdi e FDP. Un’altra possibilità sarebbe la continuazione della Grande Coalizione CDU-SPD, che avrebbe 402 seggi sui 735 del Bundestag, ma entrambi i partiti l’hanno esclusa, almeno per il momento.
Che implicazioni avrebbe un governo Scholz per la Germania? L’orientamento green del candidato e del suo partito, che lega l’economia e il mercato del lavoro ai temi “ambientali”, porterebbe presto a un brusco risveglio. La nota “transizione verde”, assieme al Green Deal e al Great Reset (che Scholz ha pienamente sostenuto come ministro delle Finanze di Merkel), sarà la rovina dell’industria e dei lavoratori tedeschi. Benché la Germania non abbia registrato grandi proteste sociali come in Francia, gli esperti non escludono l’emergere di una versione tedesca dei “gilet gialli”.
Poi c’è la situazione strategica, compreso l’Afghanistan, che è stata praticamente ignorata dai grandi partiti in campagna elettorale. I Verdi rivendicano il Ministero degli Esteri nel futuro governo e la loro politica estera, come abbiamo già documentato, è disastrosa. Essi sono pienamente nella linea geopolitica contro Russia e Cina e sostengono la politica transatlantica di cambiamento di regime sotto il velo dei diritti umani (caso Navalny, Hong Kong, ecc.), al quale si aggiungerà quello dei governi che si rifiutano di aderire ai precetti della COP26.
In ogni caso, è dubbio se il nuovo governo sarà stabile e in grado di affrontare costruttivamente le grandi sfide che ha di fronte.
Raggiunta per un commento, la fondatrice dello Schiller Institute Helga Zepp-LaRouche ha dichiarato che “se si paragona la realtà della situazione strategica con il livello dei temi sollevati durante la campagna elettorale, si ha quasi l’impressione di due universi separati. I temi della pace e della guerra che riguardano da una parte lo scontro tra Occidente, Russia e Cina e dall’altra l’instabilità del sistema finanziario, con chiari segni di iperinflazione, la crisi alimentare in molti paesi come Afghanistan, Siria, Yemen, Haiti ecc., tutti questi argomenti sono stati assenti dal dibattito. Dal canto suo, lo Schiller Institute incrementerà la propria attività per far emergere un nuovo paradigma nel pensiero e tra le nazioni nel mondo”.