“Penso che il Piano Oasi presenti una serie di proposte molto utili che potrebbero essere prese in considerazione dai gruppi in conflitto, come base per ulteriori discussioni”, ha dichiarato Naledi Pandor, ex ministro delle Relazioni internazionali e della Cooperazione del Sudafrica (2019-2024), ospite dell’incontro online della Coalizione Internazionale per la Pace del 14 febbraio, dedicato a “Porre fine al ciclo di violenza in Medio Oriente”. “Abbiamo bisogno di leadership”, ha continuato l’ex capo della diplomazia di Capetown. “Dobbiamo trovare un modo, tramite lo Schiller Institute, per identificare chi sono gli adulti nella stanza… Chi è pronto a impegnarsi seriamente per risolvere effettivamente le questioni del mondo? Credo che lo Schiller Institute, insieme ad altre associazioni con una forza simile, potrebbe iniziare ad assumere quel ruolo di leadership, principalmente allo scopo di riunirsi, avviare una discussione e sviluppare un programma.”
La signora Pandor è famosa a livello internazionale per aver presentato perorato la causa del genocidio israeliano contro i palestinesi alla Corte internazionale di giustizia. Ella ha partecipato all’incontro insieme alla cofondatrice della coalizione Helga Zepp-LaRouche, a Donald Ramotar, ex presidente della Guyana (2011-2015) e a Dennis Fritz, direttore dell’Eisenhower Media Network.
Nel suo discorso di apertura, la signora Zepp-LaRouche ha sottolineato l’urgenza del dibattito e dell’attivazione, perché “il vecchio ordine si sta sgretolando, ma il nuovo ordine non ha ancora preso forma”. “Siamo nel mezzo del cambiamento drammatico di un’epoca”, ha aggiunto, “che da un lato è piena di pericoli incredibili – come quello di una guerra nucleare globale, che non è ancora completamente escluso – ma dall’altro lato, penso che si possa assolutamente sperare che se uniamo gli sforzi, con un Nuovo Paradigma potremo portare l’umanità in un’era migliore”.
Il Medio Oriente è la questione più urgente oggi, ha osservato la signora Zepp-LaRouche, respingendo la proposta lanciata dal presidente Trump di costringere la popolazione palestinese a lasciare Gaza per costruirvi una “Riviera”. Al contrario, il Piano Oasi è l’approccio necessario per una ricostruzione seria e duratura, non solo per Israele e la Palestina, ma per l’intera regione, insieme a una soluzione a due Stati e in attesa del piano di pace arabo che dovrebbe essere annunciato a breve. Rendendo verde il deserto, garantendo un adeguato approvvigionamento di acqua potabile e promuovendo lo sviluppo economico, oltre a porre fine al conflitto armato, si contribuirebbe anche a eliminare le ragioni della crisi migratoria.
La signora Pandor ha concordato con queste osservazioni e ha lanciato un monito: “Se perdiamo questa occasione, possiamo solo immaginare il caos che ci attende. Quindi, questo è un momento in cui dobbiamo utilizzare tutte le capacità istituzionali a nostra disposizione per garantire il ritorno alla razionalità e per avviare discussioni e processi che affrontino i nostri problemi profondi di disuguaglianza, mancanza di mezzi di sussistenza, insicurezza causata dai conflitti… Penso che ora abbiamo bisogno di costruire una coalizione globale veramente pratica ed efficace che affronti queste sfide di sviluppo… Sono d’accordo con l’ex presidente della Guyana quando dice che tra pace e sviluppo c’è un legame molto importante”.
All’inizio del dialogo, anche Donald Ramotar e Dennis Fritz hanno approvato il Piano Oasi come un importante contributo alla costruzione della pace e della prosperità.