Così si esprime l’ing. Adam Steltzner, padre di Curiosity, uno degli automezzi (Rover) in perlustrazione di Marte, in un libro di imminente pubblicazione. Steltzner lamenta la rarità dei lanci, cosa che impedisce di imparare dagli errori, o di mantenere le competenze per le prossime missioni.

Steltzner è l’inventore della tecnica che in inglese si dice “sky crane”, la manovra di atterraggio ad altissimo rischio, che gli scienziati e gli ingegneri hanno anche descritto come “sette minuti di terrore”, consistente nell’accoppiamento del Rover e di una gru con propulsione a razzo (vedi scheda).

Nel libro The Right Kind of Crazy: A True Story of Teamwork, Leadership, and High-Stakes Innovation (La vera maniera di esser folli: una vera storia di lavoro di gruppo, leadership e alta innovazione), Steltzner afferma che “quando passano cinque anni per lanciare una missione e altri due anni per capire se vi sia stato successo o fallimento, questo lasso di tempo impedisce l’apprendimento”.

Paragona questo modo di lavorare, per il quale tecnici e ricercatori si uniscono in una particolare équipe per lavorare a una sola missione, e quello con la “mentalità da capitale di rischio (venture-capital) che pervase la Silicon Valley”. Il suo Jet Propulsion Laboratory e la Silicon Valley sono vicini, ma “molti gruppi nei molti centri della NASA passano il tempo a studiare che cosa si potrebbe fare se la nazione accordasse i fondi […] questi studi sono quasi sempre dedicati a concetti di missione che dovrebbero partire tra dieci o venti anni…”

Stando alla recensione di Forbes, Steltzner polemizza sulla tendenza a ricercare ricadute commerciali a breve termine dell’esplorazione spaziale, sostenendo che l’esplorazione dell’universo è una funzione della curiosità umana e “notando che una società senza esplorazione s’apre alla stagnazione ed al disastro”.