Quando era candidato, Donald Trump sottolineò ripetutamente il proprio desiderio di trasformare le infrastrutture obsolete americane nelle “più moderne al mondo” e questo fu un fattore determinante nella sua elezione. Dalla sua inaugurazione, ha ribadito più volte la propria intenzione, provocando un ampio dibattito su quali progetti fossero necessari e come finanziarli.

Ma il problema principale che si è trovato ad affrontare, a parte le bufale del Russiagate che gli fanno perdere un sacco di tempo, è l’opposizione dei “falchi del bilancio” nel Partito Repubblicano, contrari a qualsiasi spesa, e da parte del gruppo favorevole a Wall Street all’interno della sua Amministrazione, che ruota attorno al consigliere economico ed ex funzionario di Goldman Sachs Gary Cohn (nella foto con Christine Lagarde), il quale ha imposto la priorità alle partnership tra pubblico e privato (Public-Private Partnerships, PPPs). Mentre Trump ha chiarito più volte di non ritenere che il PPP funzionerà, sono aumentate le pressioni in questo senso da parte di Wall Street.

Il risultato è che l’annuncio del piano è stato rinviato di oltre un anno. Esso, nella forma in cui è stato presentato il 12 febbraio scorso, probabilmente non verrà approvato dal Congresso e, anche se lo fosse, non funzionerebbe! Mentre Trump aveva detto di voler spendere 1.500 miliardi di dollari, l’importo è stato ridotto a 1000 miliardi in 10 anni, ribaltando la normale formula dell’80% di fondi federali e 20% di fondi statali e locali, quindi aumentando il fardello già pesante delle amministrazioni locali. Il disegno di legge prevede soltanto 200 miliardi di dollari di fondi federali, di cui appena 21 nella finanziaria del 2019. Un analista ha descritto il disegno di legge come un “un tentativo mal celato di costringere gli Stati ad accettare il PPP e le privatizzazioni”.

Cohn cerca di far passare la ripartizione tra fondi federali e locali come maggiore potere agli Stati, consentendo anche di spostare “le vecchie infrastrutture dal bilancio del governo e affidarle a investimenti privati”. In altre parole, più “diritti agli Stati” concessi a Stati che non hanno soldi da investire, e più occasioni per gli squali privati di Wall Street di trasformare vecchie strade e ponti statali in strade e ponti sui quali bisogna pagare il pedaggio.

Forse la descrizione più accurata viene dal Global Times cinese il 13 febbraio, che contrappone il piano americano all’Iniziativa Belt and Road in Cina. Invece di costruire “nuove e scintillanti strade, ponti, autostrade, ferrovie e idrovie”, il piano “sembra un hotel scintillante fatto tutto di tofu” (vedi sotto).
A quanto pare Trump riconosce il fatto che questo piano non andrà da nessuna parte e si è rivolto ai democratici affinché lo aiutino a stilare un nuovo accordo, dicendo: “Ritengo che su questo possiamo agire in modo bipartisan”. Ma la sua unica possibilità di mantenere la promessa elettorale sta nel rompere coi consiglieri di Wall Street e dar vita a una banca nazionale di credito hamiltoniano, come LaRouche lo invita a fare da anni.